Alessandro Trasciatti: Il Cavallo Assassino (2)

di Trasciatti il 19 febbraio 2012 · 32 commenti

 Atteniamoci ai fatti. Dopo un po’ di anni, Cheval torna dall’Algeria, o dal posto in cui era in quel periodo, a Charmes-sur-l’Herbasse, che tradotto in italiano sarebbe Carmine sull’Erbaccia. Di rimettersi a fare il contadino non ne ha mica voglia. Quindi che potrebbe fare? Sa leggere e scrivere, anche se non benissimo, così si presenta alla posta di Hauterives, che è il comune da cui dipende  Carmine sull’Erbaccia. Hauterives – sia detto per inciso – si traduce Altariva. Ha sentito che il vecchio postino sta per andare in pensione. Gli dice così e così, che è uno che lavora, che vuol metter su famiglia, che gli indirizzi sulle buste li sa legger bene. Mica gli dice che ha ammazzato la madre e il padre. Si è cambiato il nome in Federico Cavallo, ha mostrato dei documenti finti dove c’è scritto che il padre era italiano, gli fanno un po’ di problemi perché si sa come sono i francesi, ma poi gli mettono una divisa e il giorno dopo è già a consegnare le lettere. Straniero in casa sua, praticamente. Gira in incognito da Altariva a Terzano, tutti i giorni quindici chilometri a andare e quindici a tornare. Sempre solo per i campi, consegna le lettere nei cascinali, nelle casette isolate, fino a sera.

Un giorno, in uno di questi casolari, conosce una giovine in età da marito, Jermaine, comincia a corteggiarla, si piacciono, la chiede in moglie e se la sposa. In un baleno la mette incinta e hanno un figlio. Si vede proprio che Ferdinando non ne poteva più, aveva proprio voglia di una donna. Però che avesse voglia anche di un figlio è tutto da dimostrare. Infatti si fa di umore cupo, scontroso, delle volte non torna a casa e resta a dormire in un granaio. Ma perché? Gli dice Jermaine, Perché? E lui le spiega che un figlio non ci voleva, il figlio è in pericolo. Ma in pericolo per cosa? Gli chiede Jermaine, Chi è che gli vuol male? E allora Ferdinando, le dice la verità: Io gli voglio male, sono assassino predestinato, forse licantropo cannibale. Ma Jermaine non ci crede, si mette a ridere, gli dice: Ma che racconti? Sei stanco, vero? E continua a ridere, anche Ferdinando ride, forse anche lui crede di avere esagerato, di non avere un destino segnato dall’abominio. Passano i mesi deputati e Jermaine partorisce un bambinello né brutto né bello, normale, forse un po’ gracilino. Ferdinando prova a fare il padre, ma quando vede quel fuscelletto di suo figlio gli monta il nervoso, esce di casa per non farsi vedere che gli vien voglia di menar qualcuno. Comincia di nuovo a incupirsi, lo sente che non ce la fa a vincere il destino, la sua propensione nefanda.

Un giorno, approfittando del sonno di Jermaine, prende il figlioletto di un anno, lo rinvoltola in una coperta, esce di casa, attraversa un campo incolto e lo getta in un pozzo. E tre, dice. Madre, padre e ora figlio. Ci si può immaginare quella poverina di sua moglie. Ma dov’è finito? Era qui nella culla. Tu l’hai visto, Ferdinando? L’hai preso tu? E lui a dirle di non preoccuparsi, vedrà che torna. Ma come torna! Gli dice lei. Non può mica essere andato via da solo, ha un anno! E lui a dirle che i giovani d’oggi son precoci, non se lo immagina neanche quello che sono in grado di fare. E Jermaine si inasprisce: Precoci un corno! Non è un giovane, è appena un bambino, dimmi dove lo hai messo!
Ti proibisco di parlarmi così, sono tuo marito! Tuona il Cavallo. E oltre ad essere tuo marito, sono il padre dello scomparso, quindi sono addolorato quanto te, ma questa è la volontà divina.
Volontà divina un accidente! Io voglio sapere che fine ha fatto il bambino! Jermaine è esasperata, corre fuori nel freddo, chiama, urla, arrivano i vicini, si mettono tutti a cercare. Il Cavallo fermo alla sua tavola, fuma. I vicini che entrano lo guardano sospettosi. E’ la volontà divina, dice lui, ripete sempre la stessa frase. Sembra in trance. I vicini escono un po’ impauriti. Tutti delinquenti gli italiani. Qualcuno insinua che questo Cavallo gli pare di conoscerlo, non è una faccia nuova. Ma lui nega, nega di essere stato lì prima di allora. Cheval! Tu sei Cheval l’assassino di padre e madre! Gli urla in faccia uno. Ma lui nega, gli dice di uscire da casa sua, maledetto calunniatore, chi era questo Cheval? Mai sentito nominare. Che vadano fuori tutti, tutti! Vuole restare solo, nessuno osi più accostarsi alla sua porta.

Da quel giorno la vita in famiglia cambia. La povera Jermaine si trova a vivere accanto ad un uomo che probabilmente ha ucciso il suo figlioletto, ma non ha prove di questo e non osa rinfacciarglielo per paura di essere ammazzata. Lui è sempre più ombroso, non dice più nulla. Sta tutto il giorno fuori a consegnare la posta, rientra a buio carico di sassi raccolti sul cammino. Comincia ad ammucchiarli, a impastarli con la malta e a tirar su una costruzione tutta storta che non si sa cos’è. Gli anni passano monotoni, fatti di giri postali tra Altariva e Terzano, sempre le stesse facce, sempre le stesse lettere, sempre gli stessi sospetti su di lui. Però è anche vero che Ferdinando il suo lavoro lo fa bene, nessuno ha da lamentarsi. Certo, non parla mai ed ha lo sguardo cupo, ma questo che vuol dire? Non è mica la prova che sia un malfattore. Intanto Jermaine deperisce, si ammala di  languore, quel dolore troppo profondo la consuma. Ferdinando non fa molto per tirarla su, anzi, è quasi contento così almeno esce anche lei dalla stortura dei giorni. Quello che lo irrita però è non trovare la cena pronta quando rientra la sera, doversi accontentare di pane e cipolla o di quel che gli regalano nelle fattorie. Addirittura gli tocca fare un po’ di minestra per la malata, o ammollarle un po’ di polenta nel latte. Lei lo guarda con degli occhi che farebbero venire il mal di cuore anche a un cane, tant’è lo struggimento e il timore di essere abbandonata da quell’uomo che però è anche un mostro, capace di chissà cosa. E infatti lui cosa fa? Non ne può più di vedersi quegli occhi addosso, così la mura in camera e la lascia morire lì dentro, tanto prima o poi sarebbe morta lo stesso.
E quattro, dice fra sé il Cavallo Assassino, madre, padre, figlio e ora moglie.

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Jermaine febbraio 20, 2012 alle 08:57

tu te fais du mal, mon cher, ce sont des choses orribles, il faut pas rigoler des morts

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trascé febbraio 20, 2012 alle 11:31

C’est vrai, je ne suis plus capable de continuer.

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Jermaine febbraio 20, 2012 alle 13:25

cher ami, la seule façon de délimiter les ténèbres c’est d’en voir la flamme cachée

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il meglio verde!! febbraio 20, 2012 alle 12:41

….. in realtà era tutto un delirio solipsistico e il cavallo non aveva mai ammazzato nessuno.
ha vissuto invece tutta la vita nel senso di colpa e la costruzione del castello è un’architettura di espiazione. un mausoleo della mente malata.
la malattia mentale e il delirio allucinatorio lo hanno accompagnato tutta la vita con una caduta definitiva nell’abisso dopo la nascita del figlio.
i genitori erano morti per cause non direttamente dipendenti dalla sua volontà e la moglie era l’unica che gli ha dato ascolto ma non ha resistito al tormento della convivenza con la sua malattia.
le atroci visioni di morte del cavallo sono solo parti della sua mente malata.
il racconto finisce con salvador dali che lo va a trovare, lui ormai vecchio e infermo. Il genio spagnolo è accompagnato dal figlio – unico sopravvissuto – che è diventato medico condotto in un paesino non lontano e che non lo ha mai completamente lasciato solo.
il finale ovviamente si disvela solo nell’ultima parte anche se uno scrittore bravo saprebbe infilare qualche indizio subliminale nelle 300 pagg, di orribili visioni delittuose.
Vai trascè! Vai che sei solo!!! scrive! e finisci sto cazzo di racconto.
se non lo finisci ti levo il salut0!

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Trasciatti febbraio 20, 2012 alle 15:22

Lei, Soprannobile, che informazioni ha sul Cavallo? E’ stato per caso ad Altariva?

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il viaggiante bugiardo febbraio 20, 2012 alle 16:01

nessuna in particolare ma troppe in generale.
Se-non-ché, il mese scorso, in una stazione ferroviaria sperduta nei Vosgi ho attaccato discorso con un ragazzo di qualche anno più anziano di me. Motivo della conversazione fu una cartelletta di fotocopie che lui leggeva e correggeva tenendola sulle ginocchia.
Riconobbi una serie di foto del “castello” e gli parlai della tua passione per la materia.
Egli mi rispose con un sorriso preoccupato: Da un fenomeno per iniziati, la valanga internet stava gonfiando il CAvallo e le sue storie al livello di mania globale.
Mi ha rivelato di essere un pronipote del cavallo medesimo e che una fondazione rimasta dormiente fino a poco temo prima – di cui egli era il presidente – rischiava di perdere un monte di soldi se non si davano una mossa nel tutelare i diritti di immagine, merchandising e tutto il resto.
Mi sono intrattenuto con lui una buona mezz’ora. Non mi ha rivelato nulla di sconvolgente e mi sono congedato un po’ frastornato.
Nel bel mezzo di una frase si è interrotto ed ha alzato lo sguardo come se vedesse un suo conoscente appena sopraggiunto. In realtà si è alzato chiedendomi scusa perchè doveva salutare una persona.
Si è avvicinato ad un cestino dei rifiuti e togliendosi il cappello ha cominciato a parlare ed a prodursi in convenevoli.
Io ero divertito dalla cosa ed un po’ imbarazzato. E’ tornato verso di me. Ha raccolto la sua borsa dalla panchina e si è allontanato con un cenno del capo a mo’ di saluto.
Ho notato, una volta di spalle, che teneva il braccio destro leggermente distaccatto a mezz’altezza come quando lo si offre ad una dama che ci accompagna. Continuava a parlare.
Meno male che non me l’ha presentata.

Ciao Uomo.

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l'emiro di Baghdad febbraio 20, 2012 alle 16:53

Takfir! takfir!

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L' Orime di Dadhgab febbraio 20, 2012 alle 16:58

Rifkat !!
Rifkat !!

mannaggia acchit’è mmuort!

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Jermaine febbraio 20, 2012 alle 20:06

monsieur, vostre dernière réponse me laisse siderée, cet homme pieu vous rappellait que le devoir d’une bonne conteuse c’est d’àmuser sans licence, peine la vie, son propre cou

onnisciente febbraio 20, 2012 alle 20:50

Chere Jermaine,
je ne comprends pas le sens de vos commentaires. Ni leurs raison d’etre.
En plus, vous n’êtes q’un personnage dans un roman qui n’a pas encore fait sa sortie à la vie.
Personne sait quoi ça va etre, quelles episodes seront effectivement rendus à la connaissance des lecteurs.
Toute cette matiere est fluide. Peut etre l’auteur vous laissera vivre, mais vous devez bien rester dans le coin assigné.
Les personnages doivent parler que à la requete de l’auteur.
Je reste dans l’attente des plus savoir au pres de vous, à travers la lecture.
Avec priere de ne pas prendre des initiatives, Je vous souhaite une bonne fortune literaire.
à bien tot.
xxx

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il turco napoletano febbraio 20, 2012 alle 21:36

autò, state attento state, i morti so’ morti

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i francesi febbraio 20, 2012 alle 21:41

Appelez le Quai d’Orsay. Vite.

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Carla Bruni febbraio 20, 2012 alle 21:44

j’adore Jasmine, quelle femme simple, spirituelle

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il figlio di Cavallo febbraio 21, 2012 alle 15:22

Questa moda de parler en français . Cheval mio padre, mi gettò nel pozzo. Non parlava in francese. Bestemmiava in segromignese strinto. Capisci Carlà? Vieni a trovarci a Segromigno in Piano, laddove i miei avi si annidiano

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una delle innumerevoli pietre febbraio 21, 2012 alle 17:54

fummo raccolte qua e là, ma anche scalzate e riammucchiate senza tanti complimenti; mischiate, cementate e spesso fatte a pezzi, ma di noi chi canta? l’architetto fai da te, l’affabulatore manovale, il fondatore di cartoline esotiche? un po’ più di geologia, per favore

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Bruni Carla di Albero e Marisa febbraio 21, 2012 alle 17:59

ah oui, Sagradelmignon, pourquoi-pas? ho anch’io una collezione di sassi

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Bruni Carla di Alberto e Marisa febbraio 21, 2012 alle 18:14

cafone… a me dimenticarono al galoppatoio

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Trascé febbraio 21, 2012 alle 23:13

Je ne sais pas pourquoi on s’obstine à parler français, il y a beaucop d’autres languages dans ce monde…

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abbadessa febbraio 24, 2012 alle 20:19

Caro trasciatti,
Lei mi chiede un’intervento per redimere il cavallo, ci ho pensato su, ma non ne ho il potere,
preferirei astenermi dal giudizio
Bisogna vedere che cosa succede prima di morire caro Trasciatti, noi non possiamo giudicare un’anima, chi può sapere qual’è stato l’ ultimo pensiero del Cavallo, metta che prima di andarsene il Cavallo abbia chiesto perdono a Dio sinceramente, e nell’ultimo istante si sia convertito, noi che ne sappiamo? Del resto, come lei ricorda, due malfattori pendevano di fianco alla croce di Nostro Signore, uno ne ha riconosciuto la divinità e Cristo gli ha assicurato il premio del paradiso, dell’altro invece non sappiamo nulla.

Io Trasciatti non so che altro dirle, se non forse vada avanti, oppure gli regali una seconda vita, una terza o una quarta, il postino cavallo forse si presta a molte vite, può anche pensare a una reincarnazione, può fare quello che vuole del suo postino, prima di andare a haute rive.

sua, abbadessa

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Trascé febbraio 26, 2012 alle 23:11

Ah Badessa, lei un po’ mi delude, mi sconforta. Speravo in una sua parola dirimente (o anche redimente) e invece, in pratica, lei mi dice di farne ciò che voglio del mio postino. Se voglio continuare, che continui. Se voglio smettere, che smetta. Se gli voglio dare un’altra vita, che gliela dia. Ma lei lo sa, Abbadessa, com’è paralizzante trovarsi in una distesa sconfinata? Lo sa che paura mi prende sapendo che posso andare dove voglio?

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abbadé febbraio 27, 2012 alle 17:42

Caro Trascé lei sta riscrivendo una sorta di barbe bleu mi pare, l’infinito ci spaventa tutti , eppure è lì che l’immaginazione galoppa, niente paura s’affidi al flusso della penna, in questo contare si riconosce la sua voce, e questo le darà la garanzia di un filo teso nella distesa sconfinata permettendole un equilibrio nelle future peripezie del suo cavallo, lei non so dove voglia arrivare, io mi devo sfilare di dosso una collana di donne che impediscono alla mia testa di attaccarsi adeguatamente al collo, e il collo al corpo se vuole farle far fuori dal cavallo, la autorizzo, rispetto all’altra storia del cavallo che aveva avuto la bontà di inviarmi questa del presunto assassino non so bene come ce la potrà infilare, ma forse in qualche modo ci starà. Io mi dispiaccio se l’ho delusa, ma questo è pur sempre da mettere in conto. La vita precedente io non la disprezzerei come ipotesi, sia redentrice che dal punto di vista letterario, pare ad esempio che da un mio schema astrale, nella vita passata io facessi il lavoro burocrate di scrivano annoiandomi a morte, e adesso nella vita attuale abbia bisogno di una vita un po’ avventurosa, chissà consultando un astrologo e fornendogli i dati anagrafici del postino se si capirà chi fosse nella sua vita precedente e cosa nell’attuale lo spinga a tanta efferatezza, per un analisi psicologica del caso invece penso che la debba sottoporre all’amato vannini a chi altro sennò?

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abbadé febbraio 27, 2012 alle 17:44

un’analisi… ormai è un vizio

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Trascé febbraio 27, 2012 alle 23:22

Ho creato un mostro, Badessa, un mostro! Cheval non era efferato come il mio Cavallo, anzi, non lo era affatto. Un mostro ho creato.

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badé febbraio 28, 2012 alle 15:49

Lei allora ha creato l’anti-cheval, in fondo in fondo da qualche parte devon finire i nostri turbamenti…

abbadessa febbraio 24, 2012 alle 20:21

errata corrige

un intervento si scrive senza apostrofo,

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simon le bon bon febbraio 24, 2012 alle 20:36

un’apostrofo abusivo non si nega a nessuno.

un’ apostrofo rosa fra le parole: t’amo p’io b’ove.

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badé febbraio 29, 2012 alle 20:52

lei entrerà nell’anima del vero cheval solo quando avrà visto la sua opera e l’opera del cavallo avrà irraggiato la sua vita di postino, poi non so quel che succederà di lei caro Trascé, io come abbadé stasera ho bevuto già qualche calice di lambrusco per cui non faccio fede, ma già sentivo e ancora sento che questo viaggio ad alta riva la cambierà immetterà nella sua vita reale e letteraria un certo spiraglio luminoso e forse in qualche momento ho pensato che in quel viaggio avrei voluto esser con lei e comunque in quel bel libro sui costruttori di babele che da poco ho incominciato ho scoperto un tale sig Alberto Corva scrittore del libro telefonia umana del 1915 che temo ora sia morto e col quale le assicuro avrei voluto intrattenermi

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Trascé febbraio 29, 2012 alle 23:52

Abbadesse, on peut parler de ce voyage… c’était un vieux programme de l’Association Calvagné-Trascé, on doit fixer la date, le moyen de transport, le sac, le poil etc. etc.

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ah bé... marzo 2, 2012 alle 10:55

Je ne voudrais pas casser les pieds à l’Association Calvagné- Trascé ou moins d’en faire une association Calvagné-Trascé-de l’abbesse, le moyen de transport c’est la seule chose que je peux garantir … tandis que pour le sac …et le poil …. il faudrait voir …

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Trascé marzo 2, 2012 alle 22:56

Je suis d’accord, on peut faire une association triangulaire, on peut le proposer à l’autre membre Calvagné. Moi aussi, je peux garantir le moyen de transport (et le chauffer).

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Trasciatti febbraio 29, 2012 alle 11:51

Abbadesse, ha ragione, ho creato un Controcavallo, ma io devo scrivere sullo Chevallo vero, questo Chevallo parallelo mi si è inserito a gamba tesa, lo metterò in appendice.

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appendice febbraio 29, 2012 alle 21:55

a quando il caciocavallo, l’aspetto gastronomico, vero indice microclimatico, che nei romanzi d’appendice caratterizza i protagonisti, in un dolce o amaro o viscido o croccante o acido cupio dissolvi?

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