Alessandro Trasciatti: Il Cavallo Assassino (3)

di Trasciatti il 5 marzo 2012 · 0 commenti

Ora è libero di dedicarsi tutto ai suoi sassi, alla sua costruzione di pietre storte. Mucchi di pietre che raccoglie nei suoi giri solitari tra Altariva e Terzano, pietre fatte strane, a becco, a martello, a balena, a befana, a gallo, a nave, a ippopotamo, a cranio. Lui le ammucchia e poi le impasta col cemento, è già arrivato a farne una caterva alta sei metri, non sa nemmeno lui perché le ammucchia, una piramide come le piramidi d’Egitto anche se non siamo in Egitto e lui non è un faraone ma un assassino predestinato, forse licantropo cannibale. Però non ci son prove che sia così malvagio, sospetti sì ma prove no, non ci sono testimoni. Quindi il tempo passa, lui ammucchia pietre, la gente un po’ si scorda. Così, nei suoi giri postali da un cascinale all’altro, conosce un’altra giovane, Jacqueline. Tutte con la J sono le donne che gli piacciono. Anche questo dovrebbe far pensare. Insomma si innamorano, la chiede in moglie, la sposa, la mette incinta. Bene. Anche questo come da copione. Nasce Alice, bambina bellissima, fanciulla da sogno, poi donna affascinante.
Fin qui non abbiamo detto che dalla prima moglie, Ferdinando aveva avuto anche un altro figlio, Cirillo. Cirillo aveva deciso di emigrare in America, a fare non si sa cosa, lavori di fatica, trasporti di tronchi, manovalanza, minatore, non si sa. Ed ecco che Cirillo ritorna, inaspettato, con qualche soldo in tasca, si compra una casetta lì vicino, va a trovare il padre e in casa c’è questo splendore di figliola che è Alice. Lei ha venticinque anni, lui poco di più. I due si innamorano ma lo nascondono a tutti perché son fratelli, è incesto peccaminoso, roba da inferno immediato, da galera, da ghigliottina. Però se non si erano mai visti prima di allora, che parenti sono? Sono perfettamente estranei, sconosciuti, dov’è il peccato? Il peccato c’è sempre da qualche parte, loro sono in peccato mortale e quindi stanno nascosti. Però, hai voglia di nasconderti, prima o poi qualche indizio lo lasci. Fernando Cavallo – ora si fa chiamare Fernando, non più Ferdinando perché è troppo lungo – una sera che torna dal lavoro entra in casa e vede delle impronte di fango in cucina. Chi c’è stato qui? Chiede ad Alice. Ah, sì è venuta… è venuta Marie a comprare le uova… E lei non ce le ha più le galline? Chiede Cheval. Eh no, son morte tutte di malattia mortale, dice Alice. Il giorno dopo Fernando riprende il suo giro e incontra per la strada Marie. Le dice: Marie, se hai bisogno di uova, te le posso portare io quando passo per la posta. Di uova? Fa lei. Ho centoventotto galline che fanno uova come mitragliatrici! A quel punto Fernando si insospettisce. Torna a casa anche se deve consegnare la posta, non gli importa, la consegnerà in ritardo. Quando entra piano piano non lo sente nessuno, Alice deve essere sopra, sale le scale, sente un ansimare di fiati grossi, uno scopìo in corso. Spalanca la porta della camera di Alice, quella troia, è lì con sopra il porco incestuoso di Cirillo che la monta. Ah! Bastardo! Cavallo gli assesta un colpo sulla groppa con il borsone della posta, Cirillo smonta da cavallo, si getta giù dal letto, rotola fino alla finestra mentre Cavallo gli lancia di nuovo il borsone nella schiena, ce la fa a buttarsi giù e a darsela a gambe mezzo nudo. Cavallo allora può infierire sulla povera Alice. La prende per i capelli, glieli arrotola intorno alla bocca in modo da zittirla, la butta giù dalle scale, Cavallo è una furia della natura, è l’Assassino. Scende le scale, acchiappa Alice tramortita, le lega i polsi e le caviglie, un incaprettamento come sa fare lui con le bestie. La getta nel camino acceso che poi chiude con delle tavole e poi inizia a murare perché non ha certo voglia di tirar fuori un cadavere sbruciacchiato, meglio lasciare tutto lì dove sta.
E cinque, dice Cavallo tra sé,  madre, padre, figlio, moglie e ora figlia.
E’ così la vita di Cavallo, un assassinio dopo l’altro, tutti parenti ben inteso, è un assassino specializzato, non ammazza a caso, il suo è un conto in sospeso con il suo stesso sangue, non dimentichiamo che è stato il dolore per la madre adultera che ha scatenato tutto. Il tempo passa ma non lenisce le ferite, non in questo caso, il tempo passa e Cavallo si incarognisce, scava più a fondo nel suo dolore e scava la fossa per i suoi consanguinei. E’ la costruzione ciò di cui ora gli importa veramente, la sua costruzione di sassi. Da sei metri di altezza è già arrivato a otto. Una massa di pietrame con così tante forme da non averne una. I compaesani gli stanno alla larga, un cervello umano non è in grado di pensare come il cervello di un Cavallo. Ammucchiare sassi per cosa? Per farcisi la tomba? Sì, per farcisi la tomba, per poter dire che anche un postino contadino ha un’anima, delle ambizioni, della fantasia e delle energie per dare corpo ai suoi sogni. E’ vero, però, che quelli di Cavallo più che sogni sono incubi.

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