In che senso? E due

di Trasciatti il 29 ottobre 2010 · 4 commenti

Rubrica leggermente sensoriale a cura di Aurora Borselli. Sei interviste ad altrettanti rappresentanti dei cinque sensi, più uno.

1. La Vista: ce la racconta Filippo Brancoli Pantera

Filippo Brancoli Pantera, fotografo. Dopo una laurea in Beni Culturali ed un master in fotografia teatrale presso lo IED di Milano, studia all’International Center of Photography di New York, dove riceve una borsa di studio. Divide il suo lavoro tra ritratti di persone e ritratti di città. È stato inserito dall’International Photography Awards (IPA, gli “Oscar della Fotografia”) tra i migliori 25 ritrattisti del nuovo millennio. Vive, lavora ed espone tra Italia e Stati Uniti, o più semplicemente, “dove capita”.  (www.filippobrancolipantera.com).

Entrando nel tuo studio si notano subito molti ritratti. Mi vengono in mente gli occhi vuoti dei dipinti del Modigliani, la difficoltà di entrare in contatto con la persona ritratta. Per te è la stessa cosa? Ci vuole una grossa intimità per riuscire a scattare una foto a qualcuno, e per essere disposti a farsi ritrarre? Come scegli i tuoi soggetti?

“Mi piacciono i ritratti al pari di ogni altro genere, non ho una predilezione. Qui in Italia le persone sono più restie a farsi fotografare, le ragazze che vedi sono tutte americane. Fotografo persone a me molto vicine o perfetti sconosciuti. In ogni caso scelgo i miei soggetti per empatia, se mi trasmettono qualcosa di speciale, se condivido con loro delle cose. Se sono sconosciuti devono colpirmi all’istante, avere un’immagine che trasmette qualcosa. È assai più difficile invece, e infatti non lo faccio quasi mai, ritrarre persone che conosco poco, perché non c’è la giusta confidenza, ma nemmeno, per contro, la necessaria distanza.”

Come avvicini gli sconosciuti? Come reagiscono al tuo interesse? C’è qualcuno che ti tira i capelli e ti strappa la macchina dalle mani?

“Nel 99% dei casi lo chiedo, diciamo al 100% se voglio davvero fare un ritratto. Non lo chiedo se è una foto di più ampio respiro, in cui le persone ricoprono un ruolo che non sia centrale, allora assumono un’importanza pari al mondo in cui sono inserite, ma se voglio fare un ritratto devo chiederlo, proprio perchè ho bisogno della loro partecipazione nel farsi ritrarre. A questo punto parte il gioco di mediazione tra l’immagine che io voglio mostrare di loro e quella che loro vogliono mostrare al mondo. Pensa a Richard Avedon, e a tutte le cose che escogitava per ottenere l’immagine che voleva. Alla fine, non c’è un’immagine giusta o reale di una persona fotografata, ma ce ne sarà sempre una che si avvicina più delle altre a quella che avevamo in mente.”

Dietro ogni foto c’è sempre un progetto, uno studio? Quando prendi in mano la macchina fotografica sai già che cosa verrà fuori da ogni scatto?

“C’è sempre un progetto, il caso gioca un ruolo secondario. Quando si parla di “caso”, di “fortuna”, bisogna sempre tenere conto che il fotografo deve comunque possedere la capacità di prevedere cosa accadrà di lì a poco, l’intuito, e quello che può sembrare casuale in realtà è il frutto di una serie di circostanze che vanno previste prima. La bravura del fotografo consiste proprio nel saper creare l’occasione giusta per scattare, e soprattutto nel saper gestire psicologicamente le persone da ritrarre per liberarle dalle sovrastrutture e rappresentarle nel modo più diretto possibile.”

Ma allora la mia visione romantica del fotografo che si trova al momento giusto nel posto giusto, e che con solo uno scatto realizza la foto della vita?

“Appunto, è una visione romantica, ma di vero c’è poco o niente. In genere gli scatti sono assai di più, ora poi con le macchine digitali è molto più semplice scegliere lo scatto giusto, ma era così anche prima, moltissimi provini non venivano mai stampati e si sceglieva lo scatto migliore, che era quello che poi veniva spacciato per casuale.”

Che ne pensi dei “fotografi di guerra”? Spesso si dibatte sulla natura di certe foto, sono documenti o sono opere d’arte? E perché si cerca un valore estetico anche in immagini tragiche, non dovrebbero avere un valore avulso dalle valutazioni tecniche?

“Sono comunicazione, linguaggio. Di documento c’è poco, perché è comunque la visione del fotografo: quello che mi infastidisce è che nella maggior parte dei casi si buttano là come verità assoluta, invece secondo me hanno un valore nel momento in cui si stabilisce che sono solo punti di vista. È ovvio che vengono valutate anche dal punto di vista tecnico e estetico, perché il fotografo nel momento in cui le scatta ha un progetto che va oltre la testimonianza, vuole comunque creare un’opera in cui riconoscersi.”

Nel 2006 ero a Roma per la Notte Bianca, e ho assistito a una scena incredibile, ancora mi pento di non aver avuto con me la macchina fotografica: un uomo obeso, completamente nudo e ricoperto di fuliggine e sporco, nel culmine dello sforzo prima di defecare, posizionato proprio davanti alle ambasciate. Quell’immagine mi ha perseguitato per giorni, perché era contemporaneamente tragica e comica, dissacrante e aulica! C’è una foto che avresti voluto scattare, un momento che avresti voluto immortalare e non l’hai fatto?

“No, non c’è. Né mia né di altri, se aspirassi a fare foto realizzate da altri sarebbe paradossale, perché le mie sarebbero completamente diverse, sarebbero altre foto.”

Ma ci sarà qualcuno che ammiri più degli altri?

“Il mio fotografo preferito è Italo Calvino.”

Questa poi. Intendi per la sua capacità descrittiva, la sua capacità di raccontare per immagini non visive?

“Sì, Calvino riesce nei suoi racconti a fissare delle immagini complete, non mancano di niente e sono molto esplicite, racchiudono un mondo finito e arrivano dirette al punto.”

Allora nel ringraziarti chiuderei con una sua citazione…

“Chi ha l’occhio, trova quel che cerca anche a occhi chiusi”

Italo Calvino, Marcovaldo

(In alto: A trip, di Filippo Brancoli Pantera)

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ilaria ottobre 30, 2010 alle 00:56

braviiiiii grandi!!! tutti quanti!! :) )))

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Reginetta ottobre 30, 2010 alle 09:22

…Sarebbe carino che le interviste si potessero leggere una dietro l’altra, tipo metterle tutte insieme in un angolo del sito, così sarebbe più facile trovare quelle vecchie e capire meglio il senso del tutto… Ma forse questa funzione esiste già… allora è tutta un’altra storia.
In fede,
Reginetta Imperiale Denoartri in Persichetti.

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direktor ottobre 30, 2010 alle 15:22

se clicci su Aurora Borselli, nella colonna dei contributi, le trovi lì tutte insieme. Poi metterò anche una voce nel menù. Addio, vado nel Montegabbione!

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gabri novembre 4, 2010 alle 17:29

Finalmente un fotografo che legge Calvino!COMPLIMENTI
La citazione finale arriva dritta al punto.Bisognerebbe tutti noi cominciare ad allenarci per vedere ad occhi chiusi!Ognuno di noi sarebbe ,ne sono certa ,più interessante.

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