Sarah Spinazzola: Due cose

LA CONCLUSIONE DI DUE PARTI DI ME

Di sera, con una mano appoggiata sulla testa, sentivo i grilli. Che strano i grilli a Milano, pensavo. Per prendere atto della cosa ho alzato il collo. E niente, era l’orologio che tengo sul polso, ho capito quando ero in piedi.
Dopo camminavo velocemente per la strada. A metà del tragitto mi ero ricordata di aver lasciato il cellulare a casa, dovevo tornare per forza indietro. Allora per far qualcosa, mi sono messa a contare. Quella è una farfalla. Scendo di nuovo verso dove dovevo andare, e c’era un’altra farfalla. Sono due. Poi attraverso il semaforo e ne vedo un’altra. Conto, una due tre. Quella però è uguale alla prima, è tutta bianca, è nello stesso punto in cui ancora non sapevo di aver dimenticato il cellulare. E fa niente ormai l’hai contata, sono a tre lo stesso.
Così per strada, una parte di me, la parte che apparentemente fa delle movenze senza prima chiedere il permesso, si mette le mani nella tasca della giacca e trova delle monete.
Il periodo è difficile.
Il giorno prima ero seduta già da un po' al tavolo, quando mi passa affianco un moscerino. Lo vedo che vola e con una mano lo sposto via forte. Stavo cercando dove l’avevo mandato e mi accorgo che sto abbassando la testa, come se aspettassi uno schiaffo per risposta.
Poi domenica mi ero messa in testa di sistemare le cose che ho in casa. Così andavo verso il tavolino e vedevo delle monete. Andavo in sala e di fianco al pc c’erano altre monete. A cosa serviranno queste monete? mi chiedevo, e le ho lasciate lì.
Dopo in strada, con tre farfalle al seguito e un piumino che ho vinto con in punti delle merendine, ho trovato in tasca altre monete. Qui o sto vivendo in un incredibile benessere economico di monete, o cosa succede? Me le sono rimesse in tasca. Le altre le ho in casa, ho deciso che non le prendo. Ho sistemato solo una specie di fruttiera che tengo per le cose piccole, e dentro c’erano altre monete.
Ora la parte che fa delle movenze che non mi spiego, sospetto che stia dicendo, alla parte di me che se anche ha le cose davanti non le capisce subito, che forse è l'ora d’iniziare a capire qualcosa. Dopo giorni che queste parti vanno avanti nei loro discorsi del tipo: Toh guarda, due euro, e l’altra: Queste monete prima o poi le devo mettere nel posto delle monete, hanno forse raggiunto la conclusione che è venuto il momento di cambiare lavoro.
È stato così che poi ho deciso: mi piacerebbe iniziare a contare.

 

SVANIRE

Avevo l’immenso sopra di me, una nuvola bianca stava passando sopra la mia testa. Era bello vivere in quell’istante. Non si poteva essere certi a vedermi da fuori e neanche aspettando al semaforo rosso in macchina. Poi dopo il cane voleva andare sull’asfalto invece che sul prato. Mi sono voltata indietro a cercare l’immenso volante. Era andato via. O era tra quelle nuvole dietro al semaforo? No, era andato via.
Mia madre ieri sera ha chiesto:
“Lu’ hai visto il telecomando?”
Lo cercava, lo cercava e non veniva fuori. Poi ha smesso, si è arresa e ha chiesto a Lu’, che nemmeno ha sentito,  era di là. Io ero sul divano col cane sulla pancia a leggere, e l’ho sentita che chiedeva, ma Lucia era di là, di sicuro non aveva sentito. Sbuffava mia madre, non lo trovava ancora, ha chiesto di nuovo ma era quasi sfinita. E dopo neanche un secondo ha detto:
“Eccolo qui, il maledetto..”
Era lì, davanti a lei. E’ chiaro che lo aveva trovato perché aveva smesso di cercarlo, come se avesse smesso di tendere gli occhi. Però anch’io che mi metto a sentire queste frasi di mia madre, che cosa ho smesso di fare per dar retta a queste cose, pensavo voltando la pagina.
Oggi mi aggiravo per il mercato. Intanto che prendevo dei pomodorini, ho dato un’occhiata ai vestiti. Entro in una via laterale e mi avvicino a una bancarella. Vedo un uomo di spalle. Ha i capelli neri, i jeans larghi e una borsa a tracolla rettangolare, sembra leggerissima, vuota. Ha un giornale che gli esce dalla tasca dei pantaloni. A volte accadono delle cose che non si sanno spiegare. A vedere da dietro quest’uomo, a intuito m’incuriosisco subito. Così mi avvicino per vedere che faccia ha.
Sembra marocchino o arabo, ha la pelle di quel colore, non è indiano. La borsa che ha è strana, così vuota, il giacchino pure, vicino alla spalla c’è un buco di sigaretta. Perché guarda i vestiti, mi chiedevo. Non avevo mai visto uno straniero cercare vestiti alle bancarelle.
Così mi metto lì. Faccio che aspetto qualcuno. L’uomo tira su una maglia, la guarda meglio. Io non guardo la maglia, gli vedo gli occhi. Uno, a dire il vero, perché è di profilo. Un occhio esperto. Le braccia tese a dare l’intenzione di guardare la maglia, e l’occhio che guardava di fianco a sé. E cosa c’era di fianco a sé?
Una signora cicciottina.
Anche lei sta guardando una maglia, la tiene come lo straniero, con le braccia tese, solo che poco sopra il polso le pende la borsa.
E com’era la borsa della signora, forse chiusa? No, aperta.
Così io guardo l’uomo insistentemente, come a cercargli qualcosa dentro. Poi lui mi guarda. Non lo mollo, tengo fisso su di lui. Riabbassa la testa. Continua per un po’ a tenere bassa la testa sulla maglia e poi mi riguarda.
Ci siamo capiti, penso.
Mia madre dice perché non ho detto niente alla signora. Io volevo vedere come si controllava, nei gesti era normale.
L’uomo si guarda intorno. Fa un passo indietro, come dire: vieni pure, se vuoi vedere i vestiti. Così mi affianco alla signora. Perdo un attimo la visuale dell’uomo. Ci metto un po’ a vedere una testa di capelli scuri che si allontanava in mezzo alla gente. Poi mi volto e la signora, svanita anche lei.

(La foto è tratta dal profilo facebook di Sarah Spinazzola)

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