Mirandola: Non solo Pico

Dom, 06/29/2008 - 11:18

Mirandola: Non solo Pico




Genio e tecnologia. Così nacque il distretto. Calari racconta le origini del biomedicale 

"Il mio papà ora può curarsi in casa. Babbo Natale, ora non desidero altri regali".
La lettera incorniciata, datata metà degli anni Settanta e scritta dalla piccola figlia di un dializzato, campeggia su una parete dello studio bolognese di Alessandro Calari, tecnico cui il biomedicale mirandolese deve l'invenzione di molti dei ritrovati che ne hanno decretato la fortuna. Alla bambina non pareva vero che il padre potesse sottoporsi a dialisi fra le mura domestiche, grazie alle nuove apparecchiature che prendevano forma a Mirandola.
Un motivo di vanto personale, ma anche "un monito sempre valido - dice Calari - a valorizzare il patrimonio tecnologico accumulato a Mirandola negli anni in ambito biomedico, motore per l'economia locale oltre che garanzia di trattamenti sempre più efficaci per i pazienti in tutto il mondo".
Ora in pensione, colpito negli ultimi anni da una malattia invalidante della vista, Calari non ha comunque perso lo spirito battagliero che, fondendosi col talento tecnologico, lo portò a recitare un ruolo di primissimo piano nel comparto.
E' infatti impegnato nella distribuzione a tutti i non vedenti di un software gratuito in grado di leggere i quotidiani.
Il tecnico bolognese arrivò a Mirandola nel 1970.
Fu Mario Veronesi, col singolare fiuto di chi ha costruito dal nulla l'impero Biomedicale, a proporgli un ruolo in Dasco.
Calari, forte di un'esperienza più che decennale alla Battaglia-Rangoni di Bologna (realizzazione di elettrocardiografi e protesi mioelettriche), è stato poi fra i maggiori artefici dell'espansione del settore a Mirandola, diventando socio fondatore dapprima di Bellco, poi della Dideco.
"Prima dei progressi che registrammo noi in campo tecnologico, i dializzati dovevano sottoporsi a sedute di 12 ore a giorni alterni - ricorda Calari - con fortissime febbri pirogeniche a alti volumi di circolazione sanguigna extracorporea. La creazione del rene artificiale 'in single pass', che eliminava l'utilizzo dei vasconi a cielo aperto per i liquidi di dialisi, la fistola di Cimino-Brescia per l'accesso vascolare, l'utilizzo di una pompa monoago a doppia testa, ridusse il tempo di cura a tre ore e mezza, quattro ore: il tutto senza febbre".
Conquiste e conoscenze che hanno poi favorito lo sviluppo del secondo filone del biomedicale mirandolese dagli anni Ottanta: quello relativo all'autotrasfusione intraoperatoria, determinante per scongiurare il rischio di contagio per i pazienti sottoposti a operazioni.
"Sempre ricercando la massima affidabilità delle macchine e utilizzando presidi plastici monouso - dice Calari - si sono potute, poi, sviluppare le applicazioni di aferesi per le separazioni delle componenti del sangue, ma anche realizzare ossigenatori e prodotti per cardiochirurgia. Mirandola - continua Calari, vincitore del premio nazionale Ingegner Giuseppe Pedriali nel 2002 per la sua opera tecnico-scientifica - si è costruita negli anni soprattutto un primato di innovazione che va tutelato".
Il tecnico bolognese vorrebbe vedere raccolte, magari in una esposizione permanente, tutte le realizzazioni che hanno segnato le tappe del progresso biomedicale.
Fa sapere, però che istituzioni e privati non hanno sinora mostrato particolare interesse al riguardo.
"Eppure - dice- sono ormai parte della storia di Mirandola".

(tratto da ALIAV, rivista dell'Associazione Diplomati Isituto Aldini Valeriani)

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