Dark0: Uomini e pecore, quattordicesima puntata

17.

Come in un brutto finale di un film horror, mi risveglio pensando che sia stato tutto un sogno.
Mi sono addormentato quando sono rimasto intrappolato in mezzo a un gregge di pecore sulla statale ventuno. Mi sono addormentato e ho sognato tutto.
Ho sognato una pastorella che non aveva niente della bucolica empatia di Heidi.
Ho sognato di scambiare il numero di telefono con lei. Ho sognato di procedere verso Bersezio, di arrivare a notte fonda e di trovare un albergo sulla strada.
Ho sognato di incontrare Saverio, di mangiare una barretta Kinder, di vedere arrivare un SUV rumoroso, di parlare al telefono con Desi. Ho sognato tutto.
E in mezzo al sogno tanti microricordi falsati dall'onirico. Miniricordi ricostruiti con il senno del poi. Strutturati come narrazioni indipendenti, decontestualizzati.

E ora mi sono svegliato.

Tutto torna.
Sono dentro la mia Twingo nera, riverso e accartocciato dentro il sedile con sopra il plaid spelacchiato che porto sempre con me che non si sa mai. Nonostante la coperta, mi fa freddo e ho gli occhi appannati. Mi fanno male le ossa. Ho dormito tanto, oppure troppo poco. Non lo so. Non c'è tanta luce fuori. Forse qui nella valle il sole arriva dopo.
Non riesco a vedere fuori. Apro gli occhi ancora di più.
I vetri della mia Twingo sono totalmente appannati e parzialmente ricoperti di neve.
Impossibile guardare oltre.
Chiuso in un involucro nero ricoperto di bianco, tiro su il mio plaid a mo' di difesa da chissà che.
Eccolo il finale dell'horror: è stato tutto un sogno. Né brutto, né bello. Solo un sogno.

E invece no. Non c'è stato nessun sogno e non c'è nessun finale banale.
Ho conosciuto Asia e il sosia di Saverio, sono arrivato a Bersezio in ritardo per il matrimonio del giorno dopo tra Stella e il Berlin e ho passato la notte qui, dentro la macchina.
Mentre io dormivo, fuori nevicava.

Guardo l'ora sul cellulare: ci sono due chiamate perse e un messaggio. Sono le undici di mattina: tra un'ora inizia la cerimonia. Se mi attivo subito riesco ad arrivare in tempo.
Sfumate mi appaiono le immagini di ieri notte. Se mi metto qui a ricostruire la giusta sequenza di eventi che mi hanno fatto svegliare in queste condizioni, sono sicuro che il mal di testa supererà il punto di non ritorno.
Guardo il messaggio, è di Stella. NON SEI ANCORA ARRIVATO?
Prima di risponderle sciocchezze, penso semplice: devo pisciare.
Apro la portiera, ma non si apre. Cioè provo ad aprirla. Faccio forza e si apre di pochissimo. Sento la lamiera frusciare contro la neve. Una lama di luce bianca m'investe gli occhi. Sono intrappolato. Nel bianco. Stavolta non sono pecore, è neve.