Un inedito di Andrea Bocconi

Mar, 10/14/2008 - 08:42

Un inedito di Andrea Bocconi

La notte prima, il giorno dopo

Di notte

Cosa si pensa la notte prima del duello, quando si dormirà – se si dormirà- abbracciati alla morte, e non sappiamo se ci è amica o nemica?
E  come la vogliamo passare questa notte? Facendo l’amore con una donna che frena le lacrime e spera di restare incinta?
Pregando?
Studiando la strategia per uccidere l’altro?
Ripensando a ciò che non si è fatto, a ciò che non si è detto?
Scrivendo il testamento, anche se si è un povero studente?
Evariste  Galois, precocissimo genio matematico, allievo del grande Poincarè e rivoluzionario, aveva le sue idee , originali sempre , difficili da capire spesso; lui volle scrivere un testamento scientifico e passò la notte a scrivere le sue teorie matematiche, cercando di fissare per sempre le sue intuizioni, furiosamente.
Nelle foga scrisse : “salto la dimostrazione, perché non c’è tempo.”
Del suo avversario non diremo il nome, che d’altronde nessuno ricorda; lo chiameremo “l’Altro”.
Aveva attirato Evariste in una trappola, provocandolo fino a farsi sfidare. La vera ragione? Politica, ma anche la bella fidanzata di lui non gli era indifferente: da sfidato aveva la scelta dell’arma e , valente spadaccino, non aveva esitato a prendersi il vantaggio che gli assicurava la vittoria. Era fortissimo in parata, aveva gambe veloci e un polso così potente che con un trasporto da terza in prima aveva disarmato più di un avversario : un colpo spettacolare che gli permetteva il gusto dell’umiliazione dell’altro, mentre magnanimo gli concedeva la vita.

Al mattino

Faceva freddo, una nebbia bassa inumidiva tutto. Fallito il tentativo di conciliazione, i padrini  si disposero sul campo, pronti ad arrestare il duello, che era “al primo sangue”, appena uno dei due fosse stato ferito.
Non fecero in tempo: all’ “A Voi”, Evariste si avventò come un cavallo imbizzarrito, più che come uno schermitore. L’altro indietreggiò scomposto,  quasi scivolò. Per non cadere dovette mettere la mano a terra. I padrini si misero in mezzo: peccato, se lo avesse anche solo graffiato in quell’attacco, sarebbe finita lì. Invece l’Altro si fermò, prese il suoi tempo per ripulirsi, pensò e cambiò strategia.
Alla ripresa cominciò a fintare attacchi: avanzava prendendo l’iniziativa, poi si fermava minacciando il bersaglio col braccio disteso. Evariste non ebbe voglia di giocare a gatto e topo e attaccò di nuovo, mulinando il braccio per scostare la lama, ma era come  acchiappare la mosca con le mani. L’altro andava a nozze con quei movimenti larghi, e svincolava abilmente il ferro : avanzò col braccio disteso ed Evariste,  invece di parare, attaccò , con un’irruenza che cercava la morte.
Si fermò  di colpo, con la lama nel petto, stordito come uno che sbatte in uno spigolo, di notte. Il sangue gli fiorì sulla camicia, l’altro guardava la spada come se gli fosse sfuggita, neppure riusciva a ritirarla fuori.

Dopo il duello

“La nebbia è anche più spessa di prima”, disse l’uomo che spingeva la carriola sul prato,con una certa fatica : dentro c’era un cadavere che gli somigliava molto, con la camicia intrisa di sangue. Lo fermò l’ Altro e  gli puntò una spada insanguinata :
“te la sei voluta. Potevi cavartela con una ferita al braccio e invece mi hai mangiato la spada con il petto. Stupido morto, hai fatto di me un assassino. Ti sarò sincero: vederti cadavere è un piacere che durerà nel tempo. La lama che ti ha ucciso io non la pulirò. Sfiorerò con il dito il sangue raggrumato e sarà dolce come sfiorare i capezzoli della tua donna.”
Poiché il cadavere non rispondeva fu l’uomo che spingeva la carriola a prenderne le difese : “fai bene a coltivare in anticipo la memoria di me, perché non hai vita tua , sei un solo un parassita, un fungo che cresce sulla corteccia di un grande albero. Il tuo odio è il mio onore.”

Epilogo

Il sole schiariva i colori , era già mezzogiorno e passavano le mamme con le carrozzine, i bambini si rincorrevano sul prato e  di certo  non sapevano che proprio lì, all’alba, c’era stato un duello mortale. Tutto sembrava mai accaduto.
Così morì  a vent’anni  Evariste  Galois, genio matematico. Era un giorno di primavera del 1822. Le sue teorie vennero sviluppate da Camille Jordan solo nel 1870.

 

(In alto: disegno di Timofey Kostin)