La poesia? Una malattia sociale

Mer, 01/09/2008 - 20:53

La poesia? Una malattia sociale

E i premi letterari lo dimostrano
Secondo alcune stime la febbre letteraria porterà in Italia, prima della fine dell'anno appena iniziato, alla consegna di circa trecento premi letterari. Probabilmente sono stime ottimistiche. Non ci sarà da meravigliarsi se invece di trecento saranno tremila. In fondo siamo un popolo di santi, navigatori e scrittori. Ma non sarebbe meglio dire grafomani, veri e propri malati della penna. Niente censure, per carità, la Repubblica delle Lettere è democratica. Ognuno ha diritto al suo quarto d'ora di celebrità. Ma qui casca l'asino. Quale celebrità? Se si toglie quel pugno di premi che assicurano all'autore un po' di pecunia e di diffusione reale del suo libro, resta una giungla di premietti, premiucci e premiacci che ti rimandano a casa con una targa in similoro, un buono acquisto in libri di editori fantasma o, se si è davvero fortunati, un cesto di salumi e formaggi.
In gran parte si tratta di premi di poesia. Non che manchino quelli di narrativa, intendiamoci, ma alla poesia viene riservato un posto particolare. Sarà che la Poesia si presta meglio alla maiuscola. Sarà che al tempo dei tempi il Poeta parlava a nome di una comunità intera. Sarà che se uno mette in colonna tre parole può anche affermare di avere scritto una poesia, mentre per un romanzo ci vuole qualche risma di fogli. Fatto sta che si può incontrare gente che ti stringe la mano e ti porge il suo biglietto da visita con su scritto, per esempio: "Valdemaro Pistelli, Poeta". Povero Valdemaro. Chi glielo ha fatto credere di essere un poeta? Come se poi volesse dire qualcosa. Ci si illude ancora che a scrivere poesie ci si distingua dai comuni mortali, ci si rifugia nella poesia per rincorrere uno straccio di identità sociale. Valdemaro svegliati! Lo vedi chi partecipa ai premi di poesia? Altri Valdemari come te. E mentre leggi la tua poesia premiata sull'attentato alle torri gemelle, e ti commuovi, non vedi che ad applaudirti ci sono solo tua moglie, tua nipote e quel tuo collega di lavoro che ha scritto una poesia sui boschi distrutti dai piromani?
Già, perché in estate non ci sarà solo la recrudescenza degli incendi, ma anche quella dei poeti. I tramonti saranno più tramonti se il sole si sarà tuffato nel mare, e poi a San Lorenzo cadranno le stelle, in vacanza si risveglierà il fanciullino e ci si innamorerà della quindicenne dell'ombrellone accanto. Le Pro-loco, le Comunità Montane e i Comuni bandiranno premi a raffica per dare lustro ai propri ridenti paesi di villeggiatura. Vuoi fare cultura? Vuoi divertire i turisti? Allora ci vuole un bel premio letterario. E' la soluzione migliore, collaudata, infallibile.
E intanto l'epidemia infuria, tutti giù a scrivere poesie in giardino o sotto un pioppo. Zitti, zitti, che a Valdemaro è venuta l'ispirazione. Valdemaro è malato invece. Avrebbe bisogno di cure, di un fiasco di Valium  che lo intontisse e gli impedisse di scrivere. Perché poi le sue poesie le vuole mandare ai critici, vuole partecipare alle gare, vuole pubblicarle in volume. E' un poeta molesto. Non si accontenta mica di leggersele per conto suo. Ma non c'è niente da fare. Quest'anno si è anche iscritto a una scuola di scrittura (Sebastiano non leggere!). Ma forse neanche, Valdemaro non ha bisogno di imparare un checché, è infuso di scienza poetica fin da quando leggeva i Baci Perugina.
E comunque perché non si inventano anche delle scuole di lettura? Perché non si interdicono dai pubblici uffici gli amministratori che bandiscono premi letterari? E perché non si istituiscono delle gare poetiche dove al posto dei premi sono previste punizioni corporali? La tua poesia è bella? Ti è andata bene, puoi tornare a casa incolume. E' brutta? Cinquanta bastonate sulla groppa. Si vedrebbe in giro un po' più gente malconcia, ma diminuirebbe il numero dei malati cronici. Ma invece tutti istigano alla scrittura e Valdemaro ci dà dentro come non mai. Se lo incontri e gli chiedi cosa ha letto ieri sera lui ti risponde: "Una poesia". Dante, Leopardi, Montale? "No, no", ti dice, "una poesia che ho scritto io, l'ho corretta".
Alessandro Trasciatti

  1. nautilus on Ven, 01/11/2008 - 19:23

    Ma il Premio Baghetta è un'altra cosa.
    E' il più forte di tutti.

    www.baghetta2.splinder.com

  2. nedovannini on Ven, 01/11/2008 - 22:31

    schifo.

    nedovannini psichiatra

  3. colleoni (non verificato) on Sab, 01/12/2008 - 00:08

    E' vero, sono una malattia sociale, specie per chi arriva secondo. Al Baghetta, l'anno scorso, Roberto Amato ad es. ha perso per un punto, ed è un anno che si tortura, tant'è vero che a Viareggio si mormora che il suo prossimo libro avrà a titolo "IL DESIGNATORE DI ARBITRI". Invece la poesia sulla stiratrice meriterebbe almeno una segnalazione.

    Bart

    (ma Simonetta chi? Niccolai?)

  4. nautilus on Sab, 01/12/2008 - 01:47

    Non si permetta, Dott. Nedo. Non è uno schifo e lei, forse, lo sa.