Dark0: Uomini e pecore, ottava puntata

Sab, 04/24/2010 - 23:08

Dark0: Uomini e pecore, ottava puntata

 

8.
Ho un sesto senso per le malattie.
Fin da quand'ero piccolo riuscivo a capire con sufficiente anticipo che da lì a poco sarei stato male. Un sesto senso non molto utile a dire il vero, poiché il capire in anticipo quando mi sarei ammalato non mi permetteva in ogni caso di prendere provvedimenti preventivi. E non sto parlando di quella sensazione di rincoglionimento generale che provano un po' tutti la mattina presto prima di andare a scuola quando con gli occhi pesanti pensi:

- Cazzo, ho la febbre.

No. Non mi riferisco a quel tipo di sensazione lì.
Quello di cui sto parlando è una sorta di preveggenza quasi supereroistica. Accade diversi giorni prima e in condizioni assolutamente normali e ordinarie. Esiste proprio una sorta di algoritmo che credo di aver codificato con sufficiente precisione. Anni e anni di esperienza mi hanno portato a esercitarlo con perizia e meticolosità e devo ammettere che, anche se qualche volta mi sono sbagliato, il più delle volte il mio sesto senso ha funzionato. Il procedimento è tanto semplice quanto irrazionale.
Succede quando mi guardo allo specchio.
In genere la mattina, lavandomi i denti, o radendomi o pettinandomi, percepisco nel mio sguardo qualcosa di anomalo. Non so dire cos'è: come direbbe Morpheus a un basito Neo: è una specie di distorsione nella matrice. Sta di fatto che appena intuisco la distorsione, smetto di fare quello che sto facendo e mi guardo meglio negli occhi a cercare una risposta. Mi scruto fino in fondo e capisco esattamente quanti giorni mancano prima di un'influenza, di un mal di denti o di un mal di pancia. Come dicevo, ancora non riesco ad individuare il preciso tipo di malattia, ma sulla data focalizzo molto bene.
Così all'università sapevo perfettamente che non avrei potuto dare l'esame di storia del melodramma che si sarebbe tenuto tra due settimane, perché avevo previsto che quel giorno mi sarei ammalato. Le ultime due settimane prima dell'esame quindi, ho lasciato perdere i libri, tanto sapevo che quel giorno non sarei stato nelle condizioni, e mi sono dedicato ad attività, diciamo, più sociali. Al tempo non avevo ancora affinato il mio sesto senso come adesso, però ci credevo fortemente e il giorno successivo alla data dell'esame, becco la varicella. Esatto. Varicella. Incredibile a dirsi, ma da allora, anche se avevo sbagliato la previsione solo di un giorno, ho capito di avere questa, chiamiamola così, dote. La gente alla quale racconto questa cosa non ci crede e fa bene, d'altronde anche io farei lo stesso se mi dicessero che ho davanti un sottospecie di veggente metropolitano.
Un periodo ero anche convinto che se mi fossi impegnato sul serio sarei riuscito a prevedere malattie anche di altre persone, non solo di me stesso. Era un periodo misticheggiante: poco prima dell'incidente in moto che segnò definitivamente la fine di ogni mia velleità da X-man. In quel periodo, che amo definire del convincimento, mi frequentavo con una ragazza che si chiamava Melina e che tutti chiamavamo Mela. Mela era la mia cavia da esperimenti. La sera succedeva spesso di guardarla negli occhi per minuti interminabili, tenendole le mani e prevedendo sfilze di malattie che le sarebbero capitate. Ovviamente rimanevo generico sul tipo di malattia, ma scendevo nei particolari per durata della degenza e per date di inizio e fine.

- È un  dono. - le spiegavo - Non devi aver paura.

Lei invece viveva nel terrore.
Allo stesso tempo però, era dibattuta tra il bene che provava per me e l'odio nei confronti di un novello Tiresia portatore di sventure. La cosa non durò tantissimo. Ricordo che quando ci lasciammo mi urlò contro un anatema terribile e si toccò una tetta facendo le corna. Aveva origini siciliane, ma sono convinto che in casi come questo, la superstizione non abbia bandiera.
Mi sentivo non capito, come ogni supereroe che si rispetti. Ero il supereroe con superproblemi proprio come i più grandi che avevo letto – Spiderman, Devil, Ironman – e con i quali solidarizzavo le loro pene. In pieno delirio di onnipotenza decisi che l'unica cosa da fare era affinare il mio sesto senso prima su me stesso e poi successivamente passare agli altri. Tale delirio non durò molto.
Con il tempo il mio allenamento e la mia voglia di stare dietro questa cosa scemarono, complice come dicevo, l'incidente in moto e l'operazione della dottoressa Bordon e complice anche il mio trasferimento lampo dal Friuli a Torino.
Benché a Torino io abbia vissuto periodi di genio e sregolatezza, l'aria piemontese mi fece passare le mie fisime per congetture e preveggenze da professor Xavier e mi riportò con i piedi per terra.

Quando arrivo a Bersezio però, qualcosa riaffiora nella mia mente mentre sto per parcheggiare la mia Twingo nera vicino quello che mi sembra il tipico albergo per turisti e sciatori. Guardo nello specchietto e percepisco quella sensazione che Peter Parker avrebbe definito il suo senso di ragno. Mi fermo ancora un po' prima di completare il parcheggio all'americana e dico a me stesso nello specchietto:

- Tre giorni, massimo quattro.

L'ultimatum, dal sapore di telefonata da J-horror di serie B, mi suona così strano che mi metto a ridere da solo e spegnendo il riscaldamento, completo la manovra.
Quando scendo dalla macchina è buio. Il freddo cadaverico. La cittadina piccola, anche se non sono in grado di dirlo con precisione da questo punto di vista. Sembra un paesino costruito da un bambino gigante con poco senso della disposizione urbanistica dei lotti e con molta voglia di finire in fretta il suo presepe natalizio. Se esistessero i fantasmi questo sarebbe uno dei posti più gettonati dove verrebbero in vacanza.
L'alberghetto è una piccola baita in legno dal tetto spiovente con una specie di scudo di plastica attaccato fuori. Sullo scudo c'è la silhouette di un ariete o di un animale con le corna ricurve. Sull'insegna leggo il nome del posto dove dovrò passare la notte e, l'assenza di originalità di certi luoghi, mi fa desistere dal cercare altri pensieri consolatori:

Hotel Tardoun