Feuilleton: L'importanza delle pulizie...e due

 


Capitolo 2. "Va bene anche il frac"
"Smettetela di litigare una buona volta!" urla entrando nella camera dei figli Barbara Frediani.
"Non stavamo litigando." Il primo a rispondere è stato Alfredo, ma non ha fatto a tempo a finire che Bianca sta già ripetendo le sue stesse parole.
"Sembrate un'eco, ragazzi!"
A dispetto dell'irruenza dei modi, tradisce un moto di buon umore già dimentica delle intenzioni tutt'altro che benevole con cui ha abbandonato il suo lavoro a maglia di là in salotto. "Insomma, me lo volete dire cosa stavate facendo se non stavate litigando?"
Ancor prima di incrociare i loro sguardi Bianca e Alfredo cominciano a ridere, consapevoli del fatto che la loro complicità risveglierà nuovamente il malumore della madre. Stasera però è stanca e sembra sorvolare sulle continue allusioni con le quali i figli ridestano un divertimento a quanto pare incontrollabile.
"Non riuscite proprio a smettere vero?"
Appurata l'inefficacia del richiamo, passa agli ordini: "Va bene, adesso spegnete la luce e dormite!".
"Ma mamma, sono le nove e venti!"
"Insomma, cosa devo fare con voi? Non avete più dieci anni. Se non sbaglio tu Bianca ne compi sedici martedì prossimo e tu Alfredo ne compirai quindici il nove luglio".
"Com'è possibile che non ti ricordi mai il giorno del compleanno di Alfredo!" la interrompe Bianca risentita. "Il nove luglio è il compleanno di papà. Alfredo li compie l'undici, gli anni. Meno male che almeno il numero degli anni te li sei ricordati." Intanto ha preso ad accarezzare il fratello sulla nuca.
Barbara sospira, spiazzata. Non ha alibi, e lo sa. Del resto non è colpa sua se la vicinanza delle due date favorisce questa confusione. È un errore che ha sempre fatto, solo che un tempo era diverso, quando Claudio viveva ancora con loro era un motivo di gioco. Ricorda anzi che una volta il marito e i bambini si erano divertiti a farle uno scherzo, scambiandosi i giorni dei compleanni fino al momento di spegnere le candeline della torta di Claudio: nove invece di trentuno...
"Su, avanti. Cosa vi ho appena detto?" rinforza il precedente comando nella speranza di supplire con il numero di richiami e il tono della voce all'inconsistenza della propria autorità. Rinuncia presto: "Va be', mi sa che andrò di là a finire il mio lavoro a maglia. E pensare che ero ancora incerta se fare questo golf per il tuo compleanno Bianca, o se regalarlo invece ad Alfredo".
"Tanto abbiamo la stessa misura" commenta a bassa voce Alfredo, col risultato di provocare la risata ammiccante della sorella e spazientire definitivamente Barbara.
"Come volete voi, vuol dire che lo regalerò al figlio della portinaia."
"A chi? A Benito?" non riesce proprio a trattenere un nuovo moto di riso Alfredo, mentre Bianca schizza di corsa verso il bagno. "Devo correre" grida dal fondo del corridoio chiudendo in tempo dietro di sé la porta per attutire il suono della risata.
"Allora Alfredo..." si rianima Barbara. Affrontare i propri figli separatamente la rende più sicura: "Me lo vuoi dire o no cos'erano tutte quelle urla di poco fa?".
Mentre aspetta che il figlio sciolga quel sorriso sornione in imbarazzo, la soluzione più simile al pentimento, sospira. Sospira sempre alla vista del disordine. Si sofferma sulle due scrivanie di vetro allineate contro la parete. Sono ricolme di collages di mazzi di carte, biglietti della lotteria, volantini pubblicitari e inviti a feste domenicali in discoteca; penne senza cappucci, matite, astucci, decine di gomme per cancellare, custodie vuote di cd e il "Corriere" di oggi aperto sulla pagina degli annunci personali.
Comincia a parlare da sola, rivolgendosi alla tapparella già chiusa: "Tanto lo so che anche al buio andate avanti a confabulare per ore. E poi vi lamentate la mattina ch'è troppo presto...". È giunta al punto di origliare dietro la porta per scoprire chissà quali segreti bisbigliano. L'ha fatto non più di quattro o cinque volte, abbastanza per sentirsi in colpa e andarlo a raccontare alla collega dell'ufficio reclami dell'aeroporto. Con il risultato di sentirsi apostrofare come insicura, immatura e irrispettosa, tre epiteti che le ripeteva spesso anche suo marito nell'ultimo periodo di matrimonio, tanto da indurla a sospettare per qualche giorno che Franca e Claudio fossero in contatto o persino amanti.
Quando Bianca rientra in camera la madre è già tornata al suo lavoro a maglia. Indossa un pigiama da uomo bianco, lo stesso ma rosso che spunta dalla vestaglia scozzese di Alfredo.
"Se n'è andata?"
"Sì, s'è stufata di aspettarti. Meno male che non si è insospettita del "Corriere"."
"Dài, accendi la pila così spegniamo la luce grande."
Alfredo sfila il telefonino dalla tasca della vestaglia. Con un tasto illumina il quadrante dove compare la scritta ultima chiamata seguita da dieci cifre.
"Allora va bene giovedì all'una? Usciamo tutt'e due alla quarta ora" si schiarisce la voce Bianca, mentre Alfredo le passa il telefonino subito dopo aver premuto il tasto di chiamata.
"Sì, l'abbiamo già detto."
"Zitto, eh? Tu guarda dall'altra parte se no mi fai ridere. Pronto? Renato, sono ancora io."
Alfredo spegne la torcia. L'ombra di Bianca percorre il buio della camera avanti e indietro. Il suo interlocutore sembra molto loquace. Bianca tace, aspetta: adesso tocca a lei. La sua voce si è attenuata in una specie di miagolio.
"Anch'io smanio dalla voglia di conoscerti dal vivo."
"Non esagerare, eh!" la incalza Alfredo che si becca una sberla in pieno orecchio. È inutile, non riuscirà mai ad abituarsi alla metamorfosi della sorella quando seduce sconosciuti al telefono.
"... sì, un desiderio irrefrenabile."
Alfredo ripara la faccia dentro il cuscino. Il suono della sua risata giunge ammorbidito in un singhiozzo gutturale.
"... superiamo questo abisso che ci divide. È arrivato il momento, lo sento."
"Questo qui ha proprio perso la testa" sussurra Alfredo tra un singulto e l'altro.
Bianca setaccia nel buio con la mano libera per abbrancare un lembo di vestaglia del fratello. Gli dà due colpi sulla schiena, poi dice al suo ammiratore telefonico di aspettare un attimo, che ha bisogno di bere un bicchier d'acqua prima di rispondere: "L'emozione mi tramortisce, ho proprio bisogno di un bicchier d'acqua" ripete una seconda volta.
Allora copre il microfono con il palmo ben premuto e sussurra a Alfredo: "Giovedì definitivo?".
"Sì, te l'ho già detto!"
"Shht!"
Inspira come per ritrovare il giusto tono: "Giovedì, giovedì mattina... Sì, domani è giovedì... Tu puoi?... Se no guarda che avrei cambiato... Ti aspetterò all'una in punto. Ai Giardini pubblici, vicino al Museo naturale... Dalla parte di via Palestro, hai presente?... Solo una cosa" - il tono si scaltrisce di una nota più calda, falsamente reticente - "... ho bisogno di una prova d'amore".
Bianca allontana il telefonino dalla bocca, inspira piano per concentrarsi: "Voglio che tu sia vestito con lo smoking".
Alfredo le si avvicina: le stringe la mano in attesa.
"Io? Io avrò un vestito che ti mozzerà il fiato in mille ansimi."
Le mani dei due fratelli sudano, adesso Alfredo ha sporto l'orecchio vicino al ricevitore. Il silenzio dall'altra parte del telefono li elettrizza di impazienza.
"Certo che anche il frac va bene!": ormai è fatta!
Le lungaggini dei saluti preparano l'entusiasmo dell'esultanza che impazzerà alla fine della telefonata.
"Questo è proprio un allocco!" si esalta Alfredo abbracciandola.
"Ha detto che si mette in malattia al lavoro per incontrarmi!"
La gioia è irrefrenabile. Urlano stringendo i pugni, si mettono a ballare nel silenzio della camera. Il ritornello della loro soddisfazione è la musica che scatena i movimenti sfrenati della vittoria: "Domani lo freghiamo!".
Alfredo è il primo a fermarsi. "Oddio la mamma! Adesso s'arrabbia sul serio."
Si precipitano nei loro letti.
I respiri ancora ansimanti. Bianca sbuffa. "Stasera è proprio nervosa. Sai cosa mi ha detto mentre eri in bagno? Che se continuiamo a farla disperare in questo modo dirà a papà di non portarci più in barca a vela quest'estate. Ti rendi conto?".
"Lasciala parlare. Ormai dovresti saperlo che dice le cose tanto per dirle. Avrebbe bisogno di un amante, altroché."
Alfredo soffoca una risata, Bianca se ne accorge e accentua il tono cospiratorio: "Forse ne ha già uno".
Sembra che Alfredo non aspettasse altro per rivelare un suo sospetto: "Ti sei accorta di come guarda il professore Scomazzon? Secondo me le piace".
"Alfredo, scherzi vero? Il professor Scomazzon è un mostro di bruttezza. Ha gli occhi smorti da becchino e le spalle spioventi come i vecchi che danno il pane ai piccioni. E in più quella voce in falsetto: persino le checche ne sarebbero disgustate. Nooo! E poi è una gran testa di cazzo. Ti pare che la mamma..."
"Perché, scusa? Lei non dice sempre che papà è una testa di cazzo?" si siede sul letto Alfredo.
Aspetta un secondo, due, poi al terzo sente Bianca che comincia a ridere piano. Lascia passare qualche altro secondo fino a che la risata della sorella non diventa sempre più robusta, pronta a spiegarsi nella sua indecenza: la vede nell'ombra sedersi sul letto come lui e allora lascia partire la sua, di risata, denigratoria e imbarazzata, mentre in lontananza si sente una porta sbattere.
Al massimo entro cinque secondi, giusto il tempo di prender fiato, e loro madre farà una seconda irruzione in camera per sgridarli.
 

  1. nedovannini on Mar, 05/13/2008 - 12:31

    è un disegnatore squisito.

    r.a.

  2. trasciatti on Mer, 05/14/2008 - 01:54

    Grazie del complimento, caro Amato. Non si lasci però sfuggire i particolari: la parte migliore di questo disegno non l'ho fatta io, era già prestampata su un rotolone di Scottex.

    a.t.