L'importanza delle pulizie...e 22





22. Il professor Anteo Nasisi
"Adesso però siamo seri."
Nonostante la tensione, la prima e finora unica scoperta di Baranelli ha scatenato un putiferio di risate e commentacci. L'improbabile nesso tra la sorella "desuorata" di Rabolini con un zio spretato di Scomazzon gli è costata la residua fiducia della Bovera, che l'ha spedito fuori dall'ufficio intimandogli un rapporto sulla sua condotta idiota se non torna con qualche prova più credibile.
La Bovera cammina a braccia conserte avanti e indietro per l'ufficio. Si rivolge più spesso a Rovini, mentre quasi ignora Rondo e zittisce innervosita Pertempi ogni volta che prova a dare un parere sulle decisioni da prendere. A lui spetta solo rispondere a domande precise con risposte altrettanto precise: questo gli ripete appena apre bocca rimandando a tempo indeterminato le domande precise.
Una volta tanto il commissario vorrebbe rimandare l'incontro con Corridoni. Da quando le ha dato l'ultimatum, i lineamenti del volto gli si sono contratti in un'espressione invariabilmente severa. Lo stesso naso, di solito rassicurante per la bonarietà che infonde anche alle espressioni più dure, si è conformato a questo atteggiamento di palese disapprovazione.
"Insomma ragazzi, qui bisogna trovare un motivo valido per ottenere un mandato di perquisizione dell'appartamento di via Arbe, 31. Sono convinta che lì si trovano delle prove decisive contro Scomazzon. Non escluderei nemmeno che ci sia l'arma del delitto."
Rovini è dello stesso avviso della Bovera: "Va fatto subito, certo. Io credo che se otteniamo dall'ufficio tecnico del comune oppure dal catasto, non so chi sia più veloce, le planimetrie dei palazzi tra viale Zara e via Arbe e riusciamo a dimostrare che il muro dei Colorni confina con quello di Scomazzon: be' con in mano quelle piantine Corridoni darebbe l'ok".
"Scusate se mi ripeto, ma con l'alibi come la mettiamo?" Pertempi è riuscito a concludere il suo intervento senza essere tacitato dalla Bovera, investita da un acciglio pensoso: "Insomma, gli alibi sono fatti per essere smontati. Magari Vanzegoni o il bidello - come si chiama che non me lo ricordo? -, magari si sono sbagliati, hanno detto una cosa perché era la più ovvia da presumere. In buona fede, ma sbagliando. Succede tante di quelle volte."
"Ora che li interroghiamo di nuovo..."
"Lo so Pasquale, lo so. Intanto però se dal comune o dal catasto ci procurassimo 'ste benedette planimetrie."
Rondo sogghigna, la Bovera chiama Rovini Pasquale solo quando si aspetta da lui un miracolo.
"Per favore, non ridere! Piuttosto, Scomazzon si è fatto vivo per i documenti?"
"No, ho parlato al telefono con la moglie."
"Chissà com'è la moglie di quel mostro" si lascia sfuggire la Bovera.
"Ci sarebbe poi la storia di quel testimone."
"Lo so, Pertempi, lo so!"
Nell'attesa di un testimone che avesse incontrato Rabolini mentre in frac si avviava verso il suo ultimo appuntamento si è presentato un certo Matteo Colapinto, uno studente universitario di ingegneria che giovedì portava a passeggio il suo barboncino Cesare. Due occhi verdi da lasciare stordita la Bovera.
Il commissario ha insistito quasi con dolcezza: "È proprio sicuro che non si trattasse di sabato?". In fondo dai Giardini pubblici alla scuola non ci sono più di dieci minuti a piedi, a uno un po' sovrappeso come Rabolini forse sarebbe occorso un buon quarto d'ora. Se si trovava a mezzogiorno vicino al Museo naturale i tempi erano plausibili.
"Le ripeto che era giovedì, sabato è impossibile perché ero a sciare in Svizzera." Come prova inconfutabile il ragazzo dagli occhi verdi aveva in tasca lo skipass di Zermatt.
"Ha notato qualcun altro oltre all'uomo in frac?" Ha provato a descrivergli i tratti somatici di Scomazzon.
"Scusi, commissario, se avessi visto un uomo simile me lo ricorderei. Dalle sue parole dovrebbe essere il sosia mal riuscito di un gorilla spastico." Hanno riso insieme. Bello e pure spiritoso, fortunatamente privo di ironia.
Dopodiché, su sollecitazione di Rondo, da sempre appassionato di motori, la Bovera ha chiamato la motorizzazione, dalla quale risultava che Renato Rabolini era proprietario di una 127 color amaranto immatricolata nel 1983. La stessa auto che un quarto d'ora più tardi l'agente Napoli localizzava in un parcheggio all'aperto di via Donizetti, a non più di cinquanta metri dall'ingresso del giardino della scuola.
"Secondo me dobbiamo interrogare di nuovo quei due ragazzini. Se Rabolini giovedì era in circolazione in smoking sicuramente loro due ci hanno a che vedere. In ogni caso l'unico testimone buono è inutile. Presumo che se giovedì qualcun altro lo ha notato non ha ritenuto necessario venire a raccontarcelo. È il giorno sbagliato e come sappiamo la gente ha paura di venire da noi di sua spontanea volontà. Chissà perché, poi. Il ritrovamento dell'auto avvalora la possibilità che sabato Rabolini non abbia incontrato nessuno. Sul fronte testimoni direi che peggio di così è difficile."
"Certo che è un po' troppo facile entrare in una scuola senza essere visti" azzarda Rondo.
Pertempi si fa di nuovo coraggio: "C'è un'altra questione in sospeso, commissario. Il famoso presunto complice che potrebbe aver pulito...".
"Era solo un'ipotesi. A questo punto è meglio concentrarci su Scomazzon e metter da parte qualsiasi possibile complice."
Squilla un telefonino. Tutti tranne la Bovera avventano la mano verso il proprio. Chi nel taschino della giacca, chi nella tasca posteriore dei pantaloni
"Guardi che è il suo": il motivetto della Stangata proviene dalla borsa di Gucci. Autentica.
"Il mio?" si stupisce di averlo lasciato acceso. Errore fatale. Infatti non può esimersi dal salutare il famosissimo luminare della chirurgia plastica, il professore Anteo Nasisi. Oltre ad avere un nome che sfida in umorismo il cognome, è il responsabile della trasformazione di sua zia Guia da sciatta guardarobiera presso un notaio di Broni a puntuta ereditiera dallo zigomo ammiccante, vedova del fu notaio Armando Dell'Acqua Bonomini, suicidatosi per sbaglio secondo un'autorevole firma del "Corriere del Ticino".
"Mi scusi professore, io starei lavorando" scantona la proposta di "andarlo a trovare in studio", un'allocuzione dietro la quale si annida lo stile aggirante di Gioia e Felice, discreti con insistenza nell'incoraggiare un intervento chirurgico a partire dal naso della loro figliola, curiosa di capire fino a quale angolo del corpo si estenda quell'"a partire".
Rondo riconosce l'imbarazzo del suo capo, imbarazzo concentratosi a sorpresa sui lobi delle orecchie, rossi come i lamponi che da piccolo in campagna raccoglieva insieme alla povera Adele.
Appena spegne il telefonino entra senza bussare Corridoni. Una scalogna dietro l'altra.
"Sei impazzita!" aggredisce la Bovera, salvo correggere l'irruenza con un garbo decisamente forzato: "Si rende conto di cosa mi ha chiesto? Abbiamo appena incriminato e scagionato una donna in mezza giornata, per di più infischiandocene delle regole perché il suo avvocato non l'abbiamo aspettato, e lei vuole già incriminare qualcun altro? Un uomo che per quanto ne sappiamo è un serissimo lavoratore, ha un alibi di ferro e approva il liceo dove ho iscritto mia figlia l'anno prossimo. Io con lei ho già parlato, non è qui il caso di tornare su quanto abbiamo stabilito consensualmente. Si scordi comunque che io emetta un mandato di perquisizione se prima non ho un indizio, cosa dico, una prova che conforti le sue straordinarie intuizioni femminili. Come glielo devo dire che questo è un caso delicato. Delicatissimo."
Il commissario non può trattenersi dall'idea di essere la moglie del procuratore, se lo figura così nelle diatribe coniugali, supponente in un trasmodare di toni condito da accessi di maschilismo, invidiando a morte la signora Corridoni per quello che arriva dopo, perché prima o poi si fa la pace: sta pensando alle coccole.
"Scusi, mi vuole dire come facciamo a fornirle delle prove perché lei ci dia il mandato per entrare nell'unico posto dove si trovano delle prove?"
Rondo è perplesso: "Scusi commissario, potrebbe ripetere?". Domanda infelice. È il pretesto per il diniego tassativo di Corridoni: "Scordati un mandato. Anzi, se lo scordi". Senza aggiungere altro, è uscito.
"Almeno salutare..." smorzando sul nascere il biasimo e il compiacimento di Pertempi per l'accertata imbecillità di Rondo.
"E adesso?": sempre Rondo.
"Adesso Rovini si fionda in comune e minaccia l'impiegato che se entro mezzanotte non mi dà le piantine lo sbatto dentro per resistenza a pubblico ufficiale. Tu Pertempi vai al catasto e dici la stessa cosa all'impiegato di lì. Anzi, gli dici che incrimino pure sua moglie e gli imbottisco la casa di cocaina. E non provare a dirmi che tu sei della scientifica e di queste cose non ti occupi altrimenti chiamo la Sgambati che firma una dichiarazione sulla tua instabilità mentale. Mi metto a scriverla io, se è necessario. Rondo invece viene con me."
"Dove?"
"Dove? In via Arbe, 31."

Rispondi

Il contenuto di questo campo è privato e non verrà mostrato pubblicamente.
  • Indirizzi web o e-mail vengono trasformati in link automaticamente
  • Tag HTML permessi: <a> <em> <strong> <cite> <code> <ul> <ol> <li> <dl> <dt> <dd>
  • Linee e paragrafi vanno a capo automaticamente.

Maggiori informazioni sulle opzioni di formattazione.