Un inedito di Gianfranco Mammi

Gio, 06/19/2008 - 22:40

Un inedito di Gianfranco Mammi




Il postino
(una storia vaga)

 
   Il postino di Villa Suzzi non aveva niente di particolare: di mezz'età, statura nella norma, quoziente intellettivo 108.
   Aveva i capelli neri e, pare, gli occhi piuttosto sul marrone.
   Andava regolarmente dal barbiere; grilli per la testa, zero.
   Giornali non ne leggeva, e fumare aveva smesso perché così andava di moda in quel periodo.
   Tifava per una grande squadra di calcio che militava in Serie A, e per la nazionale stravedeva; una volta aveva anche comperato una bandiera tricolore, non troppo grande, in una bancarella vicino allo stadio di San Siro; nello stadio non era entrato perché i bagarini erano troppo esosi.
   La bandiera l'agitava davanti al televisore quando la nazionale segnava una rete o faceva una bella azione. Oppure l'appendeva fuori sul terrazzo quando la Ferrari vinceva un Gran Premio, perché anche i motori gli piacevano molto. E a chi non piacciono i motori?
   Il suo conformismo l'aveva indotto a sposarsi e a fare un figlio, maschio. Il figlio aveva dieci anni e l'aiutava ad agitare o ad appendere la bandiera, secondo i casi.
   Una volta alla settimana, con tutta la famiglia, faceva la spesa in un grande supermercato a trenta chilometri da Villa Suzzi, dove il bambino poteva sfogarsi senza essere riconosciuto.
   Nel resto del tempo libero per lo più lavava l'automobile - raramente la portava all'autolavaggio perché il servizio era troppo veloce e poi c'era sempre una benzinaia che lo guardava strano.
   Viveva in un appartamento di settantaquattro metri quadrati calpestabili, con posto macchina in cortile. Per la casa aveva acceso un mutuo, il resto lo comperava a rate. Aveva un cellulare di ottima qualità e aspirava a un videofonino. Ma chi non aspira a un videofonino?
   Era una persona riservata, per niente curiosa dei fatti altrui. Non leggeva mai le cartoline destinate ai compaesani, sebbene sarebbe così facile, per un postino, approfittarne.
   Ogni tanto portava la famiglia in montagna, che distava dieci chilometri in linea d'aria. D'agosto si trasferivano al mare, sulla riviera romagnola, in tenda - sempre lo stesso campeggio; in tale occasione tutti e tre si sforzavano di abbronzarsi il più possibile, rinunciando alle gioie della vita. Solo di rado riuscivano a diventare così scuri come avrebbero desiderato.
   Del figlio era sia contento che scontento, della moglie era contento.
   A forza di lavorare era diventato un po' gobbo, ma non tanto da suscitare sconcerto o meraviglia; di fatto non si distingueva dagli altri postini. Infatti spesso, per la strada, lo chiamavano con il nome di un collega che due anni prima si era schiantato contro un muro.
   Che macchina aveva? Una di quelle parautilitarie di color grigio metallizzato, che son tutte uguali e non si capisce il marchio di fabbrica né il modello, tanto che lui stesso ogni tanto si sbagliava.
   Insomma, del postino di Villa Suzzi non si sapeva cosa dire.
Gianfranco Mammi
(In alto: ombra forse di un postino, foto Trasciatti)