Marco Battista: Guerra

Mer, 07/02/2008 - 07:09

Marco Battista: Guerra

 

La febbre di Ermete cresceva. La sua mente scopriva nuovi fili rossi, invisibili agli uomini medi, nuovi legami tra le cose che erano sintomi, e, per la quantità, prova dell'esistenza di forze, di complotti, di nemici potenti organizzati in modo sistematico contro di lui. Era la vigilia del Trilunio ed Ermete non riusciva a fare quello che voleva. Non poteva, bloccato dai complotti. "Perché?" - si chiedeva - "Perché?"

Non aveva da lavorare quel giorno ed era andato al supermercato a comprare qualcosa da mangiare, in tutto relax. Ma il supermercato, non ostante l'orario fosse ben lontano da quello di punta, era stracolmo di gente. Alla cassa c'era una fila interminabile ed Ermete dovette rinunciare perché di lì a poco sarebbe dovuto andare a prendere suo figlio Neno a scuola.

Pioveva ed Ermete si domandò se fosse davvero un caso. Quando c'è il sole la maggioranza dei bambini tornano a casa a piedi o in bicicletta. Quando piove invece tutti i genitori vanno a prenderli con la macchina, creando una bolgia infernale di traffico davanti alla scuola. Quel giorno la bolgia fu anche maggiore perché molti genitori erano in ferie, a causa della vigilia del Trilunio, e potevano recarsi a scuola a prendere i figli.

Ermete e Neno arrivarono a casa stremati e affamati. Neno, la solita aria catatonica. Ma Ermete non trovò granché pace. Siria, la moglie di Ermete, era infatti una fanatica della vita salottiera e aveva invitato a pranzo due cariatidi dell'Esercito stellare conosciute a teatro durante l'intervallo di una cerimonia commemorativa. Quando Ermete e suo figlio entrarono, una delle due cariatidi, un ex-comandante di vascello, stava enfaticamente raccontando gesta militari dimenticate che gli erano valse l'onorificenza di "Onesto commodoro".

Ermete, che pure era collezionista di vecchi libri di cronache militari, fece buon viso a cattivo gioco e fece finta di ascoltare con interesse, ma sognò di sbronzarsi, di accoppiarsi con una giovenca in un amplesso liberatorio, di masturbarsi, di riempirsi lo stomaco di pasticche benessere "Occhio sereno".

Che schifo, sua moglie e le cariatidi avevano mangiato come porci e non c'era rimasto niente, solo la minestrina messa da parte per il bimbo e del pane schietto.

"Come può tutto ciò essere un caso? Come non vedere un lucido complotto di forze ostili dietro questi avvenimenti?" Ermete sprofondò in pensieri cupi e con una scusa scese in strada.

Avrebbe voluto passeggiare ma si ritrovò a camminare a passo svelto, nervoso, non appena ebbe chiaro a se stesso di dover raggiungere il giornale il prima possibile. Una voce interna gli ingiungeva di andare, ansiosa, preoccupata.

Ermete era il direttore di "Spazio", un giornale di media diffusione. Persona schiva ma influente, era stato decorato in più occasioni per meriti di servizio alla Nazione.

Al giornale non c'era nessuno, a causa della festività. Il giorno seguente l'edizione quotidiana di Spazio non sarebbe uscita. Ermete entrò nel suo studio, trafelato, concentrato. Febbrilmente si mise a lavorare al QOP (Quantificatore Ottico di Probabilità), mettendo in campo le forze in gioco e avvenimenti a suo parere significativi, alla ricerca di un nesso, di una sorgente, di una causa. Telefonò a casa per avvertire che sarebbe tornato tardi, forse anche il giorno dopo. Passò la notte insonne, bevendo caffè, davanti al QOP.

Alle prime luci dell'alba finalmente il QOP dipingeva un mondo ordinato: nessi, cause ed effetti, fili rossi univano le cose, le più lontane, le più disparate. Lo schermo del QOP pullulava di colori, meravigliosamente. Tutti i complotti erano svelati. Sul viso di Ermete l'ansia e la preoccupazione avevano lasciato il posto a un sentimento di soddisfazione, temperato da un profondo senso di giustizia e di responsabilità. Che fare adesso?

Fece una pausa per rilassarsi. Stanco, dormì due ore sulla poltrona. Poi si lavò, si sbarbò, si profumò. Diede un'ultima occhiata al QOP. Telefonò quindi a casa per salutare e avvertire la moglie. "Amore lo so bene che oggi è festa, ma usciamo in edizione straordinaria. Poi ti spiego, adesso non posso. Dai un bacio a Neno. A più tardi, ciao." Telefonò ai più stretti collaboratori per convocarli al giornale.

Si mise al lavoro, stilando una bozza di editoriale sul suo computer portatile. Scrisse infine a lapis, su un foglio bianco, quello che ebbe deciso essere il titolo, a lettere cubitali, dell'edizione straordinaria: "MUOVERE GUERRA AGLI ABITANTI DEL PIANETA AXOLOTL!"

"Brutti mostri" pensò fra sé.

 

(In alto: foto di Maurizio Antonetti. Qui foto di axolotl)