L'importanza delle pulizie...e 20

Gio, 06/12/2008 - 19:55

L'importanza delle pulizie...e 20

 




20. Risate troppo rumorose
L'acciglio impresso sugli occhi indefessi di Rondo è la manifestazione lampante del disagio della Bovera.
"Proprio non capisco" continua a ripetere ascoltando per la terza volta di seguito la ricostruzione di Bianca delle giornate di sabato e domenica. Anche questa volta la ferma nel punto in cui lei e Alfredo hanno deciso di avvisare la polizia di un "presunto delitto" in una scuola.
"Perché avete aspettato così poco tempo prima di dare l'allarme? Insomma, come potevate sospettare che gli era accaduto qualcosa di grave dopo meno di un giorno. Non rispondeva al telefono d'accordo, ma chiamare la polizia ipotizzando un assassinio. Ditemi un solo motivo per cui sospettavate una cosa del genere. Uno solo. Proprio non capisco."
Barbara è seccata. Fuma mezze sigarette, scavalla le gambe, offre caffè che tutti rifiutano. Sbuffa ogni volta che Bianca ripete un concetto con le stesse parole usate dal fratello. Mai come adesso è spaventata dall'intesa dei suoi figli. Almeno un tempo c'era Claudio a sedare le loro combutte. Lui li sapeva prendere di petto. Bianca e Alfredo lo rispettavano. O forse raggiravano in silenzio anche il padre. I congiuranti, chiamavano così i loro figli da piccoli, già spaventati dalla forza dell'intesa da cui erano esclusi. Quello che sembrava un gioco, uno scherzo, di colpo è diventato un caso di omicidio.
"Qui c'è un cadavere" era riuscita a dire al telefono all'ex marito improvvisando un tono di sfida. Dall'altra parte dell'apparecchio era giunta una voce stentorea. La sfida già degradata a monologo, la solitudine di una vendetta senza risposta: "Sono loro che l'hanno fatto andare nel luogo dell'omicidio" aveva riattaccato di colpo per piangere da sola.
Né Claudio aveva richiamato né uno dei figli era venuto a consolarla, sebbene li avesse sentiti, ridacchianti come al solito nell'origliare da dietro la porta della cucina. Sempre a ridere, quei due.
"Proprio non capisco": guarda i due ragazzini affidando all'acciglio di Rondo tutta la sua perplessità.
Preceduto da un lungo scroscio dello sciacquone del bagno di servizio dove si è rintanato ormai da un quarto d'ora, l'avvocato Virgilio Caressa rientra in salotto insieme alla ventiquattrore che misteriosamente si era portato in bagno.
"Stavamo ricostruendo un'altra volta la sequenza del..." lo ragguaglia la Bovera già distratta dall'ennesima offerta di un caffè da parte di Barbara: è lei, la signora Frediani, che poco fa le ha proposto di darsi del tu.
"No, ma magari una camomilla. Ancora meglio se avessi una tisana, non al finocchio però."
L'avvocato è sconcertato da questa improvvisa familiarità.
"Tisane proprio no. La camomilla devo controllare. Alfredo per favore puoi andare a...? Un caffè all'orzo se no."
"No, allora non importa."
Alfredo si dirige comunque verso la cucina. Bianca lo segue con lo sguardo, è stanca persino di ridere. La Bovera ricambia il sorriso dell'avvocato, un po' tarchiato ma misterioso quanto basta per intrigarla: quel farfugliare nerissimo di occhi in tralice. Barbara sbuffa prima di accorgersi dell'acciglio di Rondo su cui si è incantata.
Per riprendere la concentrazione la Bovera allunga la mano sul tavolino di vetro verso il blocchetto aperto su una pagina scarabocchiata a matita, e comincia a staccuinare.
Scrive nonostante i ripetuti schiarimenti di voce dell'avvocato Caressa. Finora si è comportato con estrema discrezione. D'altronde si era dimostrato ben disposto verso la richiesta di far svolgere l'interrogatorio nell'appartamento dei fratelli Colorni, una soluzione che aveva definito "discreta, ragionevole e non traumatica", insomma di suo gradimento. Se da una parte avrebbe tranquillizzato i minori - appellativo di cui si serve all'inizio di ogni frase -, dall'altra avrebbe agevolato il lavoro del commissario cogliendoli nella "loro quotidianità". L'unica concessione della Bovera era stata di rimandare l'incontro a martedì, impegno confermato nonostante la scoperta della provenienza delle chiamate telefoniche al commissariato.
Si è rivelato meno facile del previsto indurli a confessare dei loro scherzi. Solo quando la Bovera ha fatto balenare la prospettiva di interrogatori separati, Bianca e Alfredo si sono guardati negli occhi e dopo un cenno d'assenso della sorella il fratello ha cominciato a raccontare. Dapprima parco di informazioni, si è lasciato andare piano piano incoraggiato dagli interventi di Bianca, convinta della necessità di dire la verità eppure concorde con Alfredo nel rivelare il meno possibile, non fare alcun cenno agli scherzi precedenti, negare soprattutto la responsabilità degli scherzi successivi all'assassinio, fatta eccezione per il primo "avviso" alla polizia. Una presa di posizione tanto netta che sta attanagliando nel dubbio la Bovera, propensa nonché speranzosa di ricondurre tutto il viavai di telefonate di presunti testimoni all'incoscienza dei fratelli Colorni piuttosto che allargare il campo delle ipotesi a personaggi fino a questo momento privi di consistenza.
Alfredo ritorna in salotto con due lattine di aranciata. Una è già aperta, l'altra la lancia a Bianca.
"Bella presa, ragazzina!" prende la parola Caressa.
"Mi scusi se la distolgo dai suoi appunti, signor commissario. Ma vede, mi sembra che l'interrogatorio dei minori si stia dilungando oltre il dovuto. Nonostante l'effetto benefico della cornice familiare, i minori sono sottoposti a una serie pressante di domande da oltre un'ora e mezzo. Mi sembra che costringerli a ripetere le stesse cose per così tanto tempo non sia di giovamento a nessuna delle parti. Insomma, mi sembra un po' troppo per uno scherzo da minori."
"Uno scherzo da minori? E la vittima, cosa mi dice della vittima trucidata?"
"Trucidata non proprio. Se vogliamo essere precisi. Trucidare è un'altra cosa, e poi..."
"Mi stia bene a sentire, signor avvocato" la Bovera non ha bisogno di girarsi verso il sorriso sciolto dall'acciglio di Rondo. La perplessità e l'infatuazione sono scivolate via dalla sua determinazione addirittura seccata: "Questo che si sta svolgendo è un interrogatorio in piena regola e sono io a valutare la modalità, la durata e qualsiasi altra cosa abbia a che vedere con l'indagine. Quindi veda di collaborare e non ricorra più a inutili trucchetti che con me non funzionano."
La Bovera sta catechizzando il povero Caressa, contrariato dalla pelle scorrevole delle guance al posto della barba ispida tagliata solo due mattine fa, dopo ben otto anni di provvidenziali grattatine con le dita frementi alla prima occasione di imbarazzo.
Barbara fa cenno con la testa ai figli di ritirarsi di là. Se origliano ridacchiando, pazienza. Meglio comunque che non assistano con i loro occhi alla figuraccia di Virgilio, altrimenti sarà ancora più rischioso invitarlo a cena la settimana prossima per il suo trentottesimo compleanno. Al termine di una concitata discussione lei e Virgilio hanno stabilito che sarebbe stata l'occasione ideale per rendere noto il loro fidanzamento.
"Però non alzate la voce come al solito!" vedendoli sfilare remissivi davanti all'imbarazzo del suo Virgilio. Quando gli aveva chiesto di assumersi il caso lui l'aveva avvertita: "Da che mi hai convinto a tagliarmi la barba non sono più lo stesso".
"Intesi allora? Niente urli o risate troppo rumorose."
"Risate troppo rumorose" ripete Rondo richiamando l'attenzione della Bovera, che accantona la rabbia contro Caressa.
L'avvocato sospira e sorride a Barbara che ricambia nervosamente.
"Cos'hai detto Rondo?"
"Niente. Cioè ho ripetuto quello che ha detto Barbara, la signora Colorni direi."
"Frediani, la signora si chiama Frediani" lo corregge Caressa, ormai esaltato dal proposito di farsi ricrescere la barba. Ha calcolato che in una ventina di giorni tornerà a essere l'arguto avvocato di sempre.
"Risate troppo rumorose" rimugina la Bovera. Al massimo i suoi genitori potrebbero rimproverarle un pianto troppo rumoroso. Lei ride affannando la gola in sospiri rauchi che le raschiano dal palato una pallina collosa di catarro. Sicché nel mezzo di una risata è costretta a scusarsi per cercare il rubinetto più vicino dove sputare al più presto la pallina ormai grande come una biglia, se non vuole correre il pericolo di strozzarsi. Ecco spiegata la ragione per cui alla televisione evita i film comici, oltre a quelli drammatici per via della risaputa congiuntivite lacrimale. Esclusi anche i quiz e ogni tipo di gara sportiva, due volte più pericolosi perché il pianto della commozione rischia di confondersi al riso di gioia in una definitiva ecatombe respiratoria, non le rimangono che i documentari dove non compaiono animali sbranati da altri animali, serpenti e giraffe a causa della somiglianza con quel collo troppo lungo, ma soprattutto i telefilm polizieschi. Lì la morte è trattata con il dovuto distacco e il suo acume viene allenato al ragionamento deduttivo.
"Risate troppo rumorose. E anche urli?" si risveglia dall'apnea delle sue riflessioni.
"È il loro modo di comunicare."
"Sempre meglio dei miei genitori, comunque" annega il sorriso in una smorfia di dolore.
"Cioè?"
"Lasciamo perdere. Piuttosto, vorrei fare un giro per l'appartamento. Sempre che l'avvocato non abbia niente in contrario."
"Io? Be' no. La signora Frediani e i minori..."
"Allora va bene" lo interrompe la Bovera: subito in piedi e irritata nel notare la grossolanità delle dita dell'avvocato. Le dita di un uomo devono essere affusolate, se no niente.
Barbara si alza lentamente per lasciare il tempo ai figli di correre in camera senza che gli altri scoprano che si trovavano dietro la porta. Istinto protettivo, benché Claudio e Franca concordino separatamente che si tratta di incapacità di affrontarli.
"Grazie Rondo."
Rondo si avvicina alla Bovera desideroso di apprendere le prossime mosse. Timorosissimo: "Cos'ho detto?".
"Tu non dici, tu ascolti. Bravo, continua così e."
"E?"
Procedonoi incolonnati in fila indiana. Davanti a tutti Barbara, poi l'avvocato che si è ben guardato dal dare la precedenza al commissario, quindi la Bovera e Rondo: tutti in silenzio in direzione delle risate soffocate in fondo al corridoio abbagliato da un'infilata di faretti pendenti dal soffitto.
"Ma non hanno un briciolo di paura?" si lascia sfuggire Barbara, puntigliosa nel ricredersi: "No, è che a loro piace ridere."
"Non è mica un hobby" si distingue appena il blaterio confuso di Rondo, tanto strascicato che tutti fingono di non averlo sentito.
La camera è stranamente in ordine. Subito dopo aver accettato di ospitare l'interrogatorio in casa propria, Barbara ha sfrattato i figli da quella topaia e si è data alle pulizie generali.
Relegati nella stanza degli ospiti, Bianca e Alfredo hanno trascorso la notte a disputarsi il letto a una piazza e mezzo evitando entrambi di rannicchiarsi sulla branda da campeggio che non hanno usato nemmeno in campeggio perché puzza di pipì di gatto. "Ma se noi non abbiamo mai avuto in gatto. Ve lo inventate solo per fare polemica!" li aveva poi abbandonati Barbara, troppo felice di un motivo inattaccabile  per ripulire una volta per tutte la camera da cui la scacciano ogni volta che prova a mettere le mani sulle scrivanie.
Peccato che la Bovera non si complimenti con lei, recrimina tra sé Barbara, fiera del repulisti di ieri pomeriggio.
"Urla e risate troppo rumorose." Pronuncia questa frase con nuovo vigore, rivolta soltanto a Rondo: senza acciglio e prodigo di risolini.
"E se dessimo una controllata ai vicini? Qui ci sono due pareti che comunicano con altri due appartamenti. Forse le risate troppo rumorose si sono accompagnate a scherzi troppo rumorosi che hanno trovato un ascoltatore di riguardo. L'ascoltatore meno propizio."
Per la prima volta in questi giorni la paura si manifesta denudata. Finora è stata pervasa da un'ebbrezza solo lontanamente allarmata, culminata nella scoperta dell'assassinio di Renato e sempre più frenetica nelle mezze dozzine di chiamate non confessate fatte dal cellulare alla polizia, alla televisione e ad altri giornali. Oppure la paura era stata alterata dall'esaltazione di trovarsi al centro dell'attenzione con i giornali che li cercavano e i telegiornali che da ieri notte sullo sfondo di una loro fotografia con le facce sfocate per renderli irriconoscibili li descrivono come due bravi ragazzi ignari delle conseguenze di un scherzo irresponsabile.
Per questo la paura isolata li tramortisce in una sensazione di accerchiamento da cui spuntano le prime lacrime.