Nicola Dal Falco: Sirene

Ven, 08/28/2009 - 08:59

Nicola Dal Falco: Sirene

 

 

Tutti e due amiamo le sirene. Conosciamo gli scogli dove abitavano quando erano ancora uccelli. Un punto preciso del Tirreno che non potevi evitare. Da quando hanno cambiato corpo e le rotte dei marinai sono diventate più terrene e vaste, un’ambigua nostalgia ne ha seminato di tracce il mondo. Anche qui, si dice che un canale sotterraneo le trasporti dal Lago di Lugano al Lago di Como. Perché ci siamo incontrati? Per colpa delle sirene.
Anche le orecchie di Gaetano sono nette di cera. E poi, le pendici di questi monti, golfi e prische scogliere, hanno piante in abbondanza per trarne un albero maestro a cui legarsi saldamente.
L’ultima l’abbiamo vista in un bar di Casatenovo; ha interrotto la nostra conversazione, entrando nella saletta silenziosamente, ordinando qualcosa e iniziando subito a correggere i temi di una classe d'adolescenti.
Sapevamo che aveva qualcosa da dirci, qualcosa di non necessario. Qualcosa per cui la cera d’api nelle orecchie rappresenta l’ultimo baluardo. Come sempre, fu il sorriso, un canto accennato, muto, a darci coraggio.
Di fronte all’infinito, astuto sorriso delle sirene non puoi che aprire il cuore e lasciare l’intero omaggio dei tuoi pensieri... perdere la sua attenzione è come perdere il vento favorevole delle isole. Si, una cosa almeno l’abbiamo capita: le sirene sorgono all’orizzonte solo se le invochi. Dagli scogli abbandonati e dai prati lungo la riva del mare non si levano più i loro canti. Se ciò avveniva era perché la giovinezza del mondo permetteva ai mondi di confondersi, alle specie di tornare sovente in seno al genere e forse oltre, rimescolando gorghi di suoni, immagini, in un lampo continuo di percezioni. Ora, sono ancora le sirene a condurci per mano, a concedere la morte in cambio della vita (l’esatta conoscenza che corrisponde all’esattezza della fine) incespicando intorno ad un verso, parlando da soli o misurando su una tela l’ampiezza del braccio.
Orgoglio e paura sono i loro artigli né mai seppero cantare.

 

(In alto: Vulvani, di Nicola Dal Falco; dello stesso autore leggi Il cavaliere verde)