Fabrizio Antognelli: La Bionda del Pantera

A chi appartengono i ricordi. A chi appartengono i miei ricordi.
Vorrei tanto credere al “paradigma olografico”, una frontiera della scienza che mi affascina sempre di più, dove il mondo materiale è una illusione, dove ad un qualche livello di realtà più profondo, le particelle che compongono ogni cosa non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Dove gli elettroni di un atomo di carbonio del mio cervello sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni pesce che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Dove dovremmo pensare ad un Super Universo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto ciò che Esiste, passato presente e futuro.
Dove i ricordi sembra che non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello il che spiegherebbe in che modo questo organo riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato e la nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dal suo enorme magazzino. Dove non  è necessario scartabellare attraverso una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri.
Ma se anche fosse, purtroppo, non ne siamo consapevoli, colpa sufficiente per la nostra esclusione.
Ma una cosa la conosco sui miei ricordi ; per quanto piccoli e insignificanti, quando si materializzano, scatenano in me una diarrea emotiva inarrestabile.
E questa diarrea e’ la malattia di chi si e’ allontanato dal suo beckground, dalla sua infanzia e vede quello che fu, ma che ancora e’, come in un dipinto ad olio, immutabile dal suo punto di vista.
Invecchio solo io, un Dorian Gray alla rovescia.
L’ultima diarrea me l’ha scatenata lei: la Bionda del Pantera.
Chi e’ vicino alla mia generazione non puo’ averla dimenticata, era bellissima.
Se ne stava con quel suo faccione roseo, quei capelli biondi con quel taglio americano anni 50’, quelle tette abbondanti che strabordavano sulla sua cassa, incastrate tra caramelle Charms, Sanagola e Dufour.
Sì, perche’ lei era la regina delle cassiere al Cinema Pantera.
Bella, opulenta, con quella timidezza leggera ma profonda di chi e’ grasso, combattuta a colpi di rossetto, fard e Rebecche di lana nere e attillate.
Lo pensavo all’epoca e oggi lo confermo: ci vogliono almeno 50 modelle anoressiche per ricreare la sua sensualita’.
Quando entravo da via Fillungo nell’atrio del Cinema, quando la vedevo, si creava in me la giusta atmosfera emotiva per assistere ai film.
Era il mio Trailer.
Non ho mai saputo il suo nome.
Vorrei tanto che chi la conosce le portasse il ringraziamento di un vercchio bambino che da lontano, grazie a lei,  gioca con i suoi ricordi.

 

Fabrizio Antognelli detto Ciccio (che ora vive in Africa)

(In alto: donna nuda, di Andrea Martini)