Monica Dini: Il prezzo di un drago

Dom, 12/14/2008 - 21:39

Monica Dini: Il prezzo di un drago

Lidia, Mauro e il bambino vivevano in affitto in una casetta a tre piani senza riscaldamento.

Lidia non lavorava.
Mauro faceva l’imbianchino.

Lidia quel giorno aveva comprato al Market della frutta, un po’ di verdura per la zuppa. Aveva preso anche i borlotti. In quel grande magazzino si trovava ancora la frutta e la verdura a prezzi ragionevoli. Era perché vendevano anche gli scarti, frutta più piccola e verdura di qualche giorno.

Aveva preparato una buona zuppa, aveva anche abbrustolito le fette di pane sulla brace. Era il compleanno di Paolino, compiva cinque anni. Lidia gli aveva fatto una torta con la crema, l’aveva decorata con i confetti colorati. Sperava che Mauro tornando dal lavoro riuscisse a comprare anche un regalo per Paolino. Sapeva che non potevano permettersi quello che da tempo il bambino desiderava con insistenza. Ma un regalo comunque lo meritava.

Mauro quel giorno uscì prima dal lavoro. Si recò al centro commerciale. Voleva tornare a casa con un regalo. Aveva nel portafogli ventuno euro per comprare quel regalo.

Le porte automatiche del negozio si inchinarono al suo passaggio. Non fecero caso le porte, che era vestito da lavoro con i pantaloni schizzati e le mani opache dai residui di vernice. Ci fecero caso le commesse vestite di rosso, che lo accompagnarono con lo sguardo.
Attraversò il reparto bambine zeppo di bambole vive e alla moda, di pentolini e carrozzelle per giocare alla mamma. Poi passò nel reparto costruzioni. Prese in mano una scatola di mattoncini. Sulla foto si vedeva che potevi costruire una ruspa con quei mattoncini. Ventitré euro era il prezzo. Mauro pensò che forse un po’ di sconto glielo avrebbero fatto. Rimise a posto la scatola.
Sapeva che non era quello che Paolino desiderava. Erano mesi che il bambino si era intestardito su quella cosa. Lui era suo padre e lo sapeva bene. Sapeva cosa voleva suo figlio, ma sapeva anche che non potevano permetterselo.

Comunque, pensò tra sé, sarà gratis guardarlo dal vero e si diresse al reparto radiocomandati.

Cosa voleva Paolino? La tv lo aveva convinto a desiderare un drago radiocomandato che camminava e muoveva i lunghi artigli. Urlava anche.

Mauro arrivò davanti al banco prova, ce n’era uno in mostra. Gli girò intorno. Era bello tutto nero e argento. Restò incantato con le mani in tasca ad osservare gli snodi degli artigli e del collo. Pensò che si dovevano illuminare anche gli occhi, di quella bestiaccia. Si capiva.
La commessa vestita di rosso apparve all’improvviso. Lo fece scuotere.

- Buongiorno – disse con aria distratta – Ha bisogno? –

Mauro si confuse, tossì, poi cercando di essere naturale rispose:

- Buongiorno, volevo vedere come funziona questo – e indicò con un dito lavato male, il mostro addormentato.

La commessa, padrona dei telecomandi, accese il drago nero argento, che cominciò ad andare avanti e indietro, a piegare il collo, a ghermire l’aria, a lanciare grida come un elefante. Aveva anche gli occhi accesi. Verdi cancello, pensò Mauro.

- Bello! – esclamò di cuore – Grazie signorina
- Di niente – rimandò la commessa compiaciuta, come si fosse esibita in qualche prestazione di abilità, poi aggiunse -  Anche dai giochi si vede il progresso…

Mentre il drago scodinzolava sul tavolo di prova, Mauro aveva perso ogni speranza, aveva visto bene il cartellino del prezzo. NOVANTANOVE euro di drago.

- Grazie, ci penserò – disse senza convinzione.

La commessa salutò tornando a spolverare gli scaffali.

- Un altro perditempo – pensò professionalmente senza far rumore.

Era davvero un drago mitico. Mauro non sapeva rassegnarsi. Sapeva che Paolino lo desiderava anche a Natale. Il bambino non dimenticava il drago perché spesso interrompevano i cartoni per mostrarne le avventure, alla fine il drago rientrava nelle scatole e tornava negli scaffali ad aspettare che i buoni papà lo comprassero.
I buoni papà sanno sempre cosa fare. Era questo che diceva lo spot pubblicitario.
Nemmeno Babbo Natale era stato buono con Paolino, li aveva finiti tutti i draghi, proprio quando toccava a lui. E tutti i suoi compagni maschi ce l’avevano, anche una femmina che giocava sempre con i maschi.

E ora era il suo compleanno. Ma per Mauro era arrivato troppo presto. Ancora non aveva avuto la possibilità di mettere insieme molti soldi.
Novantanove euro. Immaginava costasse tanto, ma non così.

Si aggirò nel reparto radiocomandati guardando gli altri robot. Nessuno era bello come il drago nero argento. C’erano anche delle copie filo guidate a prezzi ragionevoli. Niente di tanto bello. Ricordava lo spot pubblicitario con il drago che volava e dopo un’avventura, tornava dentro la scatola ad aspettarlo.
Quanto doveva guadagnare un papà per essere buono?
Lavorava tutti i giorni tutto il giorno anche il sabato. Cosa poteva fare di più con il suo stipendio?
Niente di più che mangiare, pagare le bollette, l’affitto, la manutenzione della macchina.
Mai una soddisfazione. Anche sulla luce risparmiavano, accendendola solo quando proprio non ci si vedeva più. Se almeno non avessero avuto da pagare l’affitto…
Una soddisfazione…e poi nemmeno per sé… la soddisfazione di accontentare suo figlio.

Guardò di nuovo gli scaffali di scatole colorate, erano come vuoti per lui. Percorse tutto il corridoio e si trovò davanti alla fila dei draghi. Grandi scatole nere e argento tutte con il cartellino novantanove euro. Ne sollevò una, la prese e la portò con sé allo scaffale dei draghi taroccati economici. Vide la commessa scendere le scale del magazzino. La lasciò scomparire.
Mise i due draghi a confronto cercando di capire se il bambino avrebbe notato le differenze. Gli bastò guardare poco, poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

- I bambini sanno sempre tutto di queste cose – disse sottovoce.

No, Paolino non ci sarebbe cascato. La tv gli aveva spiegato bene le caratteristiche del drago.

Perché non poteva comprarlo? Era un papà buono. Perché gli altri bambini si e il suo no?

Fu come folgorato da un’idea. Si guardò intorno e svelto tolse il cartellino da diciannove e novanta dal drago taroccato, tolse quello dal drago doc e li scambiò. Fu veloce nello scambio.
Ecco, sembrava credibile, un drago come si deve ad un prezzo accettabile.

Sudava, il cartellino staccato e riattaccato aveva un angolo arricciato. Lo lisciò per bene.

Sembrava credibile. In fondo cosa rischiava? Al massimo avrebbe detto che era in buona fede e lo avrebbe lasciato alla cassa.

Sudava e le dita mal lavate si appiccicavano alla scatola.

Il negozio era grande, potevi entrare dall’ingresso giochi e uscire da quello della prima infanzia dove vendevano tutto per il bebè.

Cercò di ragionare con calma e decise che avrebbe avuto più possibilità uscendo dal reparto prima infanzia, magari quelle cassiere non si intendevano proprio tanto di giochi. Decise di fare così, gli sembrava più facile.

Respirò profondamente diverse volte, poi si incamminò con la scatola della felicità tenuta in mano come un vassoio di paste.

Così arrivò alla cassa del reparto bebè, sporco di vernice e spaventato.

La cassiera lo guardò incuriosita mentre si avvicinava.
Camminava incerto con gli occhi bassi, le braccia tese con la scatola sopra.
Un sonnambulo avresti detto.

- Buongiorno – disse la cassiera.
- Buongiorno – rispose piano Mauro senza guardarla.

Le commesse vedono tanti tipi strani nel loro lavoro.

Mauro teneva la scatola in mano senza decidersi ad appoggiarla sopra il banco.

- Potrebbe gentilmente passarmi la scatola – disse la signora guardandolo con più attenzione – devo passarla al computer.
- Ecco – sussurrò Mauro mettendo il desiderio del suo bambino nelle mani della vestaglia rossa.
- Bello vero questo drago? Ne abbiamo venduti un numero incredibile, soprattutto a Natale – così diceva la commessa mentre rigirava la scatola per trovare il prezzo – E dire che costano uno…

Quando trovò il cartellino si zittì. Infilò gli occhiali, guardò con attenzione il prezzo diciannove e novanta, abbassò gli occhiali, guardò il suo cliente. Non lo aveva mai visto, era uscito dal lavoro, quello si capiva.

Mauro teneva gli occhi bassi come chiusi, con un dito lisciava il bordo del banco. In mano stringeva il portafogli con i ventuno euro.
La cassiera tornò a guardare il cartellino, poi di nuovo l’uomo che le stava di fronte, le sembrò rimpicciolito, solo il dito era rimasto uguale e lisciava il banco avanti e indietro.
Mauro sudava. Che figura stava facendo! Come aveva potuto credere che funzionasse.

- Diciannove e novanta – disse decisa la commessa guardandosi intorno – Vuole un pacchetto?
- Come?.. – domandò Mauro arrossendo mentre alzava gli occhi.
- Diciannove e novanta - ribadì la commessa sorridendo con tristezza, professionale nella vestaglia rossa – Vuole un pacco? E’ un regalo vero?

Mauro aveva un groppo in gola, schiarì la voce con un colpo di tosse.

- Grazie… oggi è il compleanno di mio figlio.
- Bene… gli faremo un bel pacco allora.

La commessa prese i venti euro di Mauro, fece lo scontrino e il resto. Poi tolse il cartellino del prezzo, lo gettò nel cestino e confezionò uno stupendo pacco regalo con carta azzurra e coccarda celeste. Arrotolò in tanti riccioli il nastro e consegnò al papà buono il drago vestito a festa.

- Grazie … riuscì a dire Mauro.

Prese il pacco e andò verso l’uscita. Era curvo come quando portava i pesanti secchi pieni di vernice.

Sulle scale di casa Mauro sentì l’odore della zuppa e del pane arrostito. Di solito gli piaceva indovinare prima di entrare, cosa c’era per cena.
Aprì la porta, mise il pacco dietro la schiena.
Paolino arrivò correndo parlando della torta e gli saltò al collo.
Mauro canticchiò uno stonato tanti auguri e gli consegnò il pacco.
Venne anche Lidia, felice che il bambino avesse il suo regalo. Aveva un mestolo in mano e il grembiule legato in vita. Guardava anche lei curiosa la carta che si strappava.

Quando apparve il drago, Paolino cominciò a saltare e a gridare dalla gioia girando intorno alla scatola. Non si fermava più.
Mentre il bambino esultava e Lidia continuava a domandare come avesse potuto comprare una cosa del genere, Mauro si tolse i calzoni da imbianchino e curvo come portasse due secchi pieni di vernice andò in bagno.

 

(Nella foto: Cariatidi lavoratrici in una via di Govone)