Feuilleton: L'importanza delle pulizie

Gio, 01/31/2008 - 22:21

Feuilleton: L'importanza delle pulizie



Da oggi,  venerdì 1 febbraio, per altri 25 venerdì a seguire vi allomberemo con L'importanza delle pulizie. Commedia gialla di Sebastiano Mondadori. Non cercate di scoprire l'assassino perché l'intreccio è intricatissimo. Forse l'assassino muore. Forse non è neanche un giallo. Insomma non lo sappiamo, abbiamo letto solo il primo capitolo. Ma vi raccomandiamo anche gli altri 24 prossimi venturi. 
Capitolo 1. Tramonto afoso
Nonostante la noia anche questa sera sono arrivate le sette e
trentacinque.
La televisione sta annunciando caldo per tutta la settimana. È
previsto un aprile torrido. Le temperature si impenneranno fino a
sfiorare i trenta gradi. Il consiglio, rivolto agli anziani e ai
malati, è di restare in casa nelle ore ritenute più a rischio. Le
probabilità di insolazioni vengono definite serissime. Un record
storico, ancora più storico di quello dell´anno scorso. In cambio,
sorride un meteorologo senza barba ma con la cravatta, pioverà a
giugno con il rischio che la perturbazioni si prolunghino fino a
luglio inoltrato.
Prima che una nuova schermata illustri la cartina dei venti, il
professor Scomazzon spegne il televisore. Ormai lo guarda di
malavoglia, indispettito dal proliferare della casualità. Anche i
quiz gli hanno guastato. Le domande specialistiche di un tempo sono
state rimpiazzate da quesiti sempre più generici dove le competenze
dei partecipanti vengono svilite dall´imperare della fortuna. È
diventato tutto una grande estrazione senza fine. Le stesse
previsioni meteorologiche rispondono a criteri opinabili. Basterebbe
cambiare canale per scoprire che il caldo dell´aprile appena agli
inizi è destinato a calare verso la metà del mese, piuttosto
nuvoloso, e che comunque le temperature raggiunte ieri non
costituiscono un record storico. Persino sulle cifre hanno da eccepire.
Adesso che il ronzio del televisore è cessato, Scomazzon si concentra
sul rumore di stoviglie proveniente dalla cucina. Oltre a chiamarsi
Loredana, sua moglie è anche molto rumorosa. Si sono rivelati del
tutto vani i ripetuti tentativi nel corso degli anni di insegnarle a
lavorare con discrezione. Contrariamente a quanto si crede, il lavoro
manuale è un´arte parsimoniosa in cui risiede il segreto della
concentrazione. Tutto sta nella consapevolezza del gesto. Il
professor Scomazzon glielo ribadisce dai primi giorni di matrimonio,
subito dopo essere rientrati dalle due settimane di viaggio di nozze
a Capri, inattesa e non del tutto gradita sorpresa di una lontana
parente di Loredana emigrata in Argentina nel dopoguerra.
«Perché hai spento la televisione?» gli domanda non appena
disimpegnata dal riordino della cucina.
Il grembiule con il disegno di Paperina ancora indosso angustia il
professor Scomazzon. Oltretutto è impaziente. Tra poco meno di un
quarto d´ora, alle sette e cinquantacinque al massimo, raccoglierà i
fasci di fogli protocollo ordinati sul trumeau dell´ingresso per
andarli a correggere in santa pace in quello che chiama il suo studio
da scapolo, distante due isolati dall´appartamento al quinto piano di
cui stanno pagando gli ultimi quattro anni di mutuo. Quando saranno
proprietari il professor Scomazzon, che di nome fa Vittorio, avrà
cinquantanove anni e la moglie cinquantuno.
Comunque, quasi con un atto di compassione, Scomazzon concede a
Loredana una risposta più lunga del solito. «Lo sai, te l´ho detto e
ripetuto, che io detesto il consumismo del caso e la dissipazione
dell´intelligenza.»
Ventidue anni di matrimonio, interrotti soltanto dai sei mesi
trascorsi in ospedale a causa di una complicazione in seguito a
un´operazione al seno, non sono stati sufficienti per assuefarsi ai
modi bruschi del marito. Nei momenti di sconforto si abbandona al
ricordo di quando nella sala d´aspetto della presidenza del liceo
tecnico di Bellaria il suo Vittorio non aveva saputo trattenere il
rossore sulle guance, mentre con un mazzo di crisantemi sgualciti in
una mano la chiedeva in sposa. Da allora ha assunto un atteggiamento
di indefessa ostilità, smentito soltanto dalle carezze che le
elargisce la mattina di Natale in segno di ringraziamento per la
nuova edizione dell´Almanacco dei Numeri. In questo senso si può
affermare con certezza che la loro vita sessuale è superiore
all´imprevedibilità del caso.
«Su, su, ché mi devo preparare.»
«Preparare?»: anche oggi?
«Sì, vado nel mio studio a correggere questi compiti in classe.»
Raccoglie il malloppo e lo ripone nella borsa di cuoio. «È solo
l´abitudine, se no al posto di correggere direi sfregiare. Perché è
questo che faccio, li riempio di segni. Andrebbero presi tutti in
blocco e buttati al macero, senza nemmeno leggerli. È solo uno spreco
di carta, dico io.»
«Ma...» Loredana indugia, senza aggiungere altro.
«Ma?» Seccato, il professor Scomazzon distoglie lo sguardo dalla
moglie che si strofina le mani sulla faccia di Paperina, conoscendo a
memoria la replica in arrivo.
Infatti, puntualmente: «No, lo sai. Sono dei ragazzini. Quattordici
anni, quindici, fai anche sedici. Devi capire che la loro vita è
fatta di una... montagna di cose».
«Non solo di matematica? È questo che intendi dire? È questo?» alza
il tono della voce, scoprendo la dentatura stretta nella quale si è
impigliato un pezzetto di cipolla all´altezza dell´incisivo sinistro.
Gli basta il silenzio della moglie.
Dopodiché lancia un´occhiata di stanco disgusto verso l´intera figura
di questa donna che oltre a chiamarsi Loredana comincia a emettere un
odore di pane raffermo. Lo imputa all´imminenza della menopausa e
paventa quel giorno come l´inizio di ulteriori fastidi. Già si
indispettisce all´idea di nuove lamentele, incapace di credere alla
possibilità che diventi ancora più rivoltante di com´è adesso.
«Be´, è meglio che mi avvii se non voglio fare tardi.»
«Come fai ad arrivare tardi se non c´è nessuno che ti aspetta?»
Indugia sulla porta. Attende il rimbombo del televisore con cui la
moglie si rintontirà fino a cadere in un sonno pieno di rumori,
l´unica cosa in grado di produrre, di giorno come di notte. Poi,
aiutato da un rutto appena represso alla bocca dello stomaco, trova
il tempo di urlare che il roast beef era pesante, e soggiunge «Ma non
hai ancora imparato a scegliere i tagli buoni della carne?» prima di
chiudere finalmente la porta.
Forse è lui a essere esigente, si interroga scendendo le scale. Certo
è un fatto che Loredana si è rivelata insoddisfacente sotto tutti i
punti di vista: odiarla è stata la scelta più vantaggiosa nel corso
del loro matrimonio.
All´aria aperta un caldo umido si sprigiona dal cielo compatto di
foschia. Il tramonto è annunciato da un grigio fumigoso di cui si
impregnano le ombre. In poco tempo la camicia è intrisa di sudore e
la maniglia unta della borsa sfugge alla presa della mano. Ma in
confronto con l´asfissia permanente di casa sua, riesce a respirare e
soprattutto ha a disposizione trecentosessanta gradi dove volgere lo
sguardo, senza essere costretto a eludere ogni minuto l´espressione
accidiosa della moglie.
Tira un grosso sospiro di sollievo quando raggiunge il portone
scrostato di verde pisello di via Arbe, 31. La chiave fatica a
inserirsi nella serratura. È costretto a forzare due volte prima
dello scatto che lo immette nell´androne desolato di intonaco
sbriciolato sul dislivello ondulato del linoleum. La luce è
ricacciata fuori dalla porticina che sbatte alle sue spalle. Il buio
ha lo stesso colore della china. Il tanfo di minestrone rancido è più
antico dell´ultima secchiata di ammoniaca.
Il professor Scomazzon non ha bisogno dell´aiuto della grana
polverosa di luce che si insinua lentamente dalle fessure del
portone. Sta già premendo il bottone metallico dell´ascensore,
incurante dei rumori in volata a capofitto dalla tromba delle scale.
Fruscii d´aria, scricchiolii di passi, vociferazioni televisive,
qualche nota strimpellata da un pianoforte, la risata di donna che
per qualche secondo sovrasta il sottofondo del traffico, monotono nel
disordine del passaggio delle auto.
L´interno dell´ascensore è fasciato di un vellutino cadente,
sgraffignato un po´ dappertutto e arricciato in ruvidi pelucchi. Due
chiodi arrugginiti segnalano l´antica presenza di uno specchio. Un
tubo circolare di neon percorre internamente il plafond del soffitto,
ancora richiamante l´originario color panna del vellutino che a
seconda dell´altezza è degradato in variazioni più o meno affini al
marrone diarrea: il colore più consono all´odore esalato dalle
tubature idrauliche scoperte nei corridoi di tutti e otto i piani del
palazzo, uno dei quattro edifici uguali venuti su a metà degli anni
sessanta con grande dispendio di cemento armato e cattivo gusto.
Un attrito metallico avvia il meccanismo di frenata. Scomazzon
aspetta con impazienza l´apertura delle porte scorrevoli. Fino a che
l´ascensore non è perfettamente allineato al piano non entrano in
funzione. Un breve silenzio, ed ecco che si aprono concedendogli
dieci secondi prima che il neon si spenga preannunciandone
l´immediata chiusura.
Per raggiungere il suo studio deve percorrere più della metà del
corridoio alla sua sinistra. Conta mentalmente una dopo l´altra le
porte laccate di bianco con un numero in falso ottone appeso sopra lo
spioncino. La prima cifra, il 3, corrisponde al piano; la seconda
segue in ordine progressivo il susseguirsi degli appartamenti.
La moquette del pavimento riprende i toni panna dell´ascensore mentre
una carta da parati plastificata alterna bande larghe color senape a
bande strette color amarena sulle quali si stendono fantasie floreali
mescolate a giganteschi organi sessuali stratificatisi negli anni
secondo la presunta indelebilità dei pennarelli con cui sono stati
eloquentemente illustrati.
Grandi macchie oleose disegnano una geografia labirintica entro la
quale si districa il passo sorvegliato di Scomazzon. I rialzamenti
della moquette sbocciano come funghi mettendo in pericolo la
stabilità dei mocassini senza para. Più facili da individuare, i
rilievi dei tubi scoperti lo costringono a brevi saltelli.
Manca ancora poco. Uno, due appoggi. La porta lucida di smalto bianco
è contrassegnata dal numero 37. Un tempo, a fianco del pomello di
ferro, al centro della placca rettangolare di legno si trovava il
pulsante di un campanello. Nonostante la sua fama di perfezionista,
il professor Scomazzon non si è mai premurato di farne installare uno
nuovo. Almeno nel suo studio pretende di non essere importunato da
visite inattese.

  1. nedovannini on Dom, 05/25/2008 - 07:08

    questi disegni

    n.v.

  2. trasciatti on Dom, 05/25/2008 - 19:25

    Grazie Vannini, son quasi basito del suo apprezzamento. Ma perché le piacciono così tanto questi disegni? A me non sembrano un granché. Non è che mi sta adulando per qualche fine suo nascosto recondito indicibile?

    Il direttore 

  3. nedovannini on Dom, 05/25/2008 - 22:12

    hanno qualcosa di armonioso e di vivo. poi narrano.

  4. trasciatti on Lun, 05/26/2008 - 19:46

    E che le narrano? mi dica, son curioso. In effetti sono disegni un po' medievali, a scene compresenti invece che successive. O insomma...ci siam capiti, vero?

    Director Cimabuo