Ricordi dal Baghetta

Mer, 03/26/2008 - 21:16 | Aggiungi un commento

Ricordi dal Baghetta

E così se n'è andata anche la seconda edizione. Ci rimane in mano una baghetta stantìda e il suo cartoccio rinsecchito, sotto il loggiato del Castello un pentolone da grattare, da liberare dai rimasugli della pasta e ceci del filosofo Borso. Vi sembrerà un'immagine desolante, ma, dopotutto, non è questo il destino delle cose belle? E il Baghetta è sì una di quelle cose belle, è un premio dove, per citare le parole di Livia Candiani, vincitrice col suo Bevendo il tè con i morti, si trovano amici, si chiacchiera, ci si confronta, si mangia insieme: si celebra la vita prima ancora della poesia, perché la poesia viene naturale, spontanea, è il frutto inevitabile della vera vita che in occasioni come queste si anima.

Il tutto è iniziato alle 19.00 circa di un sereno sabato di marzo, il Castello via via si gremisce di gente, il cibo arriva da ogni dove e si concentra nella saletta antistante il salone da pranzo, Roberto Amato e il direttore Trasciatti vengono recuperati in una perduta stazione ferroviaria della bergamasca… Prima di lasciar abbuffare i convitati (ovvero i giurati del Baghetta) sono chiamati a leggere tre poeti, un biografo ufficioso e un traduttore-lettore di prestigio. Apre le danze il Direttore Trasciatti in persona, leggendo l’esilarante racconto de La casa di Amato, tratto da una storia vera (ce lo confiderà personalmente Amato stesso, a fine serata, di fronte a una grappa e un cannolo siciliano). La sala è calda (solitamente è riservata agli anziani del piccolo paese di Solza), la platea ancor di più: batte le mani, ride, si diverte. La lettura del Trasciatti fa già “casa”, è brillante, ritmata e accattivante. A seguire gli interventi di Francesco Marotta, con magnifici estratti da "Madre di creature ferite", una sezione della raccolta di versi Hairesis; Dario Borso con due traduzioni di Celan traduttore a sua volta di un giovanissimo Mandel’stam; infine Roberto Amato, vero ospite d’onore della serata insieme a Giampiero Neri. I due ci leggono degli inediti, una breve poesia Neri, gli interi Canti Pisani Amato (testi che speriamo potremo pubblicare in seguito, qui su “Il Trasciatti”). Assente la vincitrice, causa un seminario di poesia a Venezia, già programmato da settimane. Queste le sue impressioni (che passano bene l’atmosfera del Baghetta) della serata del giovedì precedente a lei e a Vivian Lamarque dedicata:

Al Baghetta è andata così che arriviamo a casa di db [Dario Borso, ndr] e era tutta piena di amici suoi, io non conoscevo nessuno, sua moglie mi vede e mi dà due baci. Subito. Ha un gatto che sembra averle prese ma si chiama Salmì, mi offre subito la gola. Lo gratto. Fa ron ron-ù. Ci accompagna db alla serata e carica in macchina un’enorme pentola con la minestra per tutti. Io sono visionaria sì sa ma sto vedendo proprio quello che succede. Lui guida in corsia d’emergenza perchè dice che l’Andrea se no cosa pensa dove sono finite le poetesse. Gli dico che ho avuto la polmonite. Appena arrivati manda me e Vivian nel Ristorante che è in una sala per vecchi e dunque caldissima per la mia polmonite. Ci sono persone con le facce nude e sorridono e fanno domande. Si mangia e poi legge Vivian perché mi fa strada e poi io e ho paura e dico mi spiace sono tutte poesie sulla morte e a tavola… mi applaudono a ogni poesia. C’è un sindaco donna che cita il mio verso “vorrei essere l’acqua in cui tu nuoti” e dice: “vorrei essere l’acqua in cui far nuotare i poeti perché da bambina volevo fare il poeta ma scrivevo bruttissime poesie, allora faccio il sindaco.” Mi ha accompagnato fin sotto casa una coppia gentilissima che ha aspettato fino a che non fossi proprio entrata tutta nel portone prima di ripartire. Io ero certissima di non vincere perché quelli che non hanno amici che contano e pubblicano con piccole case editrici non vincono mai e me l’aveva detto anche la mia editrice: “Non vinci non vinci” e infatti la sera del premio ho preso un impegno e così non ci sono potuta andare. Due motivazioni al voto che ho letto sono state: “Mi ricorda Anna Frank” e l’altra: “Perché il tè con i morti l’ha bevuto davvero e poi è tornata a raccontarcelo.” Tutti e due hanno visto che sono una sopravvissuta. Ma soprattutto io con questo premio Baghetta ho trovato un amico: Andrea. E’ una cosa molto rara trovare un amico. Cos’è un premio serio? io lo so quello in cui vincono le case editrici importanti, si mangia poco, o niente e si fa a sentire a tutti che noi di amici non ne abbiamo bisogno, ne abbiamo già tanti e molto più importanti di loro. Ecco, l’ho vissuto così. Chandra.

Finite le letture si può mangiare: lasagne al pesto, cous cous, pizzette, verdure, salsiccette impastellate. Tutti s’ingozzano com’è giusto che sia, qualcuno si riserva lucido, altri ci danno dentro con l’ottimo vino della selezione del bar del Castello. La serata scorre che è un piacere, unico neo: la dipartita di Gianni Mimmo, il sassofonista soprano che doveva esibirsi in un concerto dedicato a Livia Candiani. I motivi dell’annullamento del concerto sono complessi e in parte chiariti in uno scambio epistolare col sottoscritto, che speriamo potrà vedere la luce tra queste pagine.
E poi si avvicina la mezzanotte, la gente scema dal Castello, io ho l’onore di accompagnare Trasciatti e Amato al loro giaciglio, in un B&B di Villa d’Adda alta. Prima di lasciarli alle braccia di Morfeo, con un’appassionata rappresentanza dell’associazione Lunanuova brindiamo alla loro salute: grappa e cannoli siciliani. Qui parte il racconto di Amato volto a integrare il pezzo di Trasciatti sulla sua casa, il resto è storia nota; cala la notte, ognuno torna al suo letto, ci risveglia un mattino piovoso, che sottolinea – se già non fosse bastato – la malinconica fine di questo bizzarro premio.

[Nella foto il segretario del Baghetta Andrea Cirolla - con il premio* realizzato da Pietro Spica e Sandro Pinton - e il presidente dell'associazione Lunanuova (promotrice del Premio) Mauro Vecchi]

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* La Baghetta stessa, il premio materico insomma, è una splendida scultura in legno di Pino Cembro, detto anche semplicemente cembro o cirmolo, un albero sempreverde aghifoglie del genere Pinus che vive sulle Alpi. Il suo legno è molto pregiato, la sua corteccia s presenta grigiastra, sottile e liscia con tracce di resina nelle parti giovani, nelle parti adulte appare rugosa, screpolandosi in piccole placche con fessure rosso brunastre.
L’opera è stata realizzata dal pittore Pietro Spica e dal falegname Sandro Pinton, e raffigura un oggetto libro con tanto di Baghetta come segnalibro.

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