8 maggio 2009: Parole migrate

PAROLE MIGRATE letteratura al femminile della migrazione

venerdì 8 maggio 2009
Ora: 17.30 - 19.30
Luogo: Biblioteca comunale centrale
Indirizzo: Piazza Don Cesare Stefani
Città/Paese: Capannori, Italy
   
Telefono:    
0583430961
E-mail:    
caritas@diocesilucca.it

L’iniziativa intende aprire una finestra sulla letteratura della migrazione.
Ingy Mubiayi Kakese, italiana di orgine egiziana e zairese parlerà della sua esperienza di scrittrice.
Un'attrice leggerà brani tratti da alcuni suoi racconti.

Ingy Mubiayi dice di sé di essere molto lenta, musulmana e occidentale, ma contraria al divieto francese del jihab,pazza per la pastasciutta, il suo lato più italiano. Zairese e egiziana per origine, in Italia da oltre 30 anni, è madre, giornalista, scrittrice e libraia. Collabora con Internazionale e ha curato per Terre di Mezzo il reportage “quando nasci è una roulotte”. Nei suoi racconti, compresi nelle raccolte collettive Pecore nere (2006) e Amori bicolori (2008), Ingy racconta un’identità obliqua, trasversale, complessa, abbracciata a un “là” dal quale si proviene e immersa nel “qui” dove si è scelto di vivere. Con ironia e intelligenza conduce il nostro sguardo nel mondo della sua famiglia, nel rapporto con gli italiani e i loro pregiudizi e racconta le soluzioni di mediazione tra culture, la peculiarità delle traiettorie scelte per rimanere se stessi, polifonici e complessi. “Parole migrate” apre la scena alla scrittura delle autrici figlie di immigrati, nate o cresciute in Italia e alla loro narrazione vivace, critica, profonda di un crocevia di mondi e di storie. “Così noi dovemmo attraversare le porte della prefettura, con in mano il foglio informativo per la richiesta di cittadinanza italiana come unica guida; vagare per tribunali, consolati, circoscrizioni, INPS, uffici del lavoro, uffici del datore di lavoro, banche (addirittura!) per giungere al cospetto del dirigente comunale che con grande indifferenza ti proclamerà CITTADINO ITALIANO. Il tutto per sfuggire a quegli stessi uffici; per rendersi non più erranti, ma stanziali, attaccati a quelle esili radici che faticosamente e a dispetto di tutti crescono e affondano nel terreno.

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