Gianvittorio Randaccio: Contro i thriller

 Al giorno d’oggi entrare in libreria non è una cosa molto rilassante. Bisogna essere belli tranquilli, perché se no è facile che ti prenda un certo nervosismo e che invece di comprare il libro che pensavi di trovare te ne esci insultando il libraio e tutti i suoi conoscenti. Quando entri in libreria, infatti, è difficilissimo trovare da solo quello che cerchi, perché quasi tutti gli scaffali, soprattutto quelli che espongono le novità, o quelli vicino alle vetrine, o anche le vetrine stesse, sono ostaggio dei thriller che, come sciami di cavallette, invadono e colonizzano i cataloghi delle case editrici e infestano le librerie, anche le più piccole e indipendenti. Puoi girarti dove vuoi, ma la dittatura del thriller è ormai un dato di fatto: su quello scaffale ci sono quelli scandinavi, che riscuotono grande successo, su quell’altro più in là ci sono i grandi classici americani, su quello in basso ecco gli italiani, in forte crescita, più in là ancora ecco le ristampe e i bestseller in formato tascabile, con i quali per pochi euro ti porti a casa centinaia di pagine di omicidi e mistero, scritti in corpo sei. Gli altri libri ci sono, sì, ma se li trovi sei bravo, ti devi trasformare in un investigatore con una grande immaginazione, perché ogni angolo, anche il più nascosto, può essere la casa del grande classico che cerchi, o di quel libro di Calvino che fino a pochi anni fa trovavi ovunque. Anche il commesso fa fatica, senza il suo computer è perso, e a volte nemmeno il computer lo aiuta. Che strano, ti dice, quel libro di Rodari era proprio lì dove adesso c’è quel noir di questo scrittore islandese. Mi dia cinque minuti, che faccio un’altra ricerca. Non parliamo poi dei consigli che ti arrivano da amici, parenti, conoscenti e colleghi: anche il commesso stesso, se tu avessi per caso qualche dubbio sul libro da comprare, ti consiglierebbe a scatola chiusa quel giallo scritto da un magistrato siciliano che sa il fatto suo.Oggi sembra che chiunque scriva un libro sia un appassionato di gialli, thriller e noir e che l’unica via per avere un certo tipo di successo sia mettere nel romanzo un morto, preferibilmente assassinato, un detective o un ispettore, qualche sospetto che fa sviare le indagini e qualche gnocca che si bombi l’ispettore e lo aiuti nella ricerca del pericoloso assassino. Se in un libro non c’è un assassinio, stai certo che nessuno ti degnerà della minima intenzione e che la tua delicata storia di dolore e amicizia te la pubblicherai giusto sul tuo blog, dove la leggeranno quattro sfigati depressi e malinconici. La differenza tra giallo, noir e thriller non è chiara a nessuno, nemmeno agli stessi scrittori che utilizzano il termine che vogliono a seconda della situazione, confidando nel fatto che nessuno conosce la distinzione e quindi nessuno può fare contestazioni: la lobby del giallo, poi, non permetterebbe di incrinare l’immagine di successo del noir e quindi interverrebbe sotto forma di persona casualmente presente al dibattito per sviare l’attenzione sul problema, facendo una domanda, invece, sull’estrema attualità del tema scelto per il thriller di cui si sta parlando. Anzi, se qualcuno poi osasse insistere sull’argomento, cercando di sviscerare le differenze tra i vari generi riconducibili al giallo, o al noir, o anche al thriller, verrebbe cortesemente allontanato dal dibattito per poi essere picchiato dietro il primo angolo della strada.I sostenitori e gli appassionati del thriller, o del giallo, dicono che sia un genere molto realistico, che intercetta e analizza bene i problemi della società odierna, che si infila negli anfratti oscuri presenti in ognuno di noi, che è il miglior specchio di tutto quello che ci sta intorno. È solo per finta letteratura di genere, dicono i giallofili, perché in realtà ci sono dentro così tante cose che un noir non si può racchiudere in steccati predefiniti. Uno dei suoi punti di forza, poi, è che privilegia uno stile secco, asciutto, incisivo, in cui i fatti siano legati tra loro con una logica inoppugnabile, in cui il ritmo sia martellante e in crescendo per arrivare alla sorpresa finale, che ogni volta getta una luce inquieta e sinistra sulla vita del lettore e della società più in generale. È la vita di tutti i giorni a costituire il materiale principale per le storie noir, ma anche per quelle gialle, ed è una fonte praticamente inesauribile, a cui attingere semplicemente sfogliando il giornale o guardando la tv. Sempre secondo i fan del noir, gli scrittori noir, e anche quelli thriller, hanno grande abilità e intelligenza, costruiscono trame sofisticate, piene di intrecci, storie secondarie e flashback, in cui ogni personaggio è caratterizzato e funzionale agli eventi. C’è grande attenzione per l’ambientazione e i dettagli, tanto che a volte ti sembra quasi di essere davanti al grande schermo di un cinema e che i personaggi siano dei grandi attori che recitano seguendo un copione precisissimo, con scene di grande fascino e impatto. Spesso, infatti, dai libri gialli, come da quelli noir, vengono tratti film e telefilm che, guarda caso, hanno un successo incredibile e che propagano il talento dello scrittore noir nell’olimpo della letteratura contemporanea.Io, però, no, mi spiace.Io quando parlo con qualcuno che cerca di propinarmi questi banali luoghi comuni sulla bellezza della letteratura noir, o gialla, cerco sempre di far finta di niente, di cambiare discorso, perché solo a leggere due righe di qualcuno di questi romanzi mi viene uno sconforto tale che preferirei essere cieco.Io, tutte queste bellezze contenute nei libri gialli non riesco proprio a vederle, anzi, mi sembrano sempre scritti da cani e spesso, se in un libro muore qualcuno, mi prende una certa ansia, e la paura che possa arrivare all’improvviso qualche detective che indaghi sulla morte di quel povero personaggio sprovveduto, che magari è stato solo un po’ distratto ed è precipitato dalla finestra. A volte questa incapacità di relazionarmi ai thriller, o ai gialli, o ai noir, o anche agli hard boiled, mi prende in un tal modo che si trasforma in odio puro, e quando magari sono in libreria e non trovo quel bel romanzetto umoristico di cui ho letto sul blog di un povero appassionato depresso, mi metto a fantasticare e immagino file di romanzi gialli sparsi per terra, calpestati, lacerati e insanguinati e tutti gli appassionati agonizzanti e disperati che cercano di rimettere insieme i frammenti di quei perfetti meccanismi a orologeria che loro chiamano libri. Un giorno o l’altro, magari, il mio sogno si avvererà e il libraio, finalmente rilassato e liberato dal pericolo degli sciami di cavallette gialle e noir, mi dirà che sì, quel libro di Campanile è proprio lì, e che oggi, per festeggiare la ritrovata libertà, me lo dà anche con il trenta per cento di sconto. (In alto: disegno del Trasciatti per L'importanza delle pulizie di S. Mondadori)

  1. gianf (non verificato) on Mar, 07/27/2010 - 14:39

    Concordo

  2. trasciatti on Dom, 08/01/2010 - 00:13

    Caro Random,

    neanch'io sono un grande fan di gialli, per quanto ne abbia letti e di buoni (e anche proprio di belli), però non è un genere che sento affine, più che altro perché mi perdo facilmente nelle trame complicate, anche al cinema non vado a vedere spesso thriller perché mi viene facilmente il mal di testa e dopo poco non capisco più un cazzo del film. Ma questo non lo imputo ai gialli, quanto a un mio sentire che non è molto giallo. Comunque concordo sul fatto che la produzione media sia straripante di stereotipi ed è quello secondo me il punto debole. Anche il fatto che certi scrittori di gialli abbiano sviluppato un senso di superiorità nei confronti della letteratura non-gialla. Questo succedeva, qualche anno fa, anche con un genere come la fantascienza. Se andavi ad una convention di fantascienza, e ci sono andato perché un po' fantascientifico sono, restavi interdetto di fronte al vero e proprio complesso di superiorità che i fantascientifici avevano sviluppato nei confronti degli altri scrittori. Devo dire che poi il fenomeno si è molto sgonfiato. La fantascienza, per molti anni bistratta e confinata nel sottomondo della letteratura "di genere" (da cui il senso di rivalsa e di superiorità degli scrittori di categoria), si è dispersa nel mondo della letteratura "in genere" perché, finalmente, aveva raggiunto lo scopo e cioè quello di essere riconosciuta come letteratura "tout court" (Bradbury, Ballard). Forse è quello che succederà anche con la letteratura gialla ed è già successo con  maestri indiscussi come, che so, un Simenon, che giustamente è diventato un classico, non solo del genere, ma del novecento e adesso, anzi già da un po' di anni, lo ripubblica Adelphi. Forse è solo questione di aspettare che il tempo faccia la sua razzìa e la sua scrematura, così che i perfetti congegni a orologeria e basta, verranno dimenticati e resteranno quei gialli che effettivamente hanno anche altri motivi di interesse per essere letti oltre alla voglia di "sapere come va a finire" (che poi se un libro è pieno di luoghi comuni questa voglia ti passa presto). Ho amici scrittori di gialli e di fantascienza e, mi pare, che loro stessi siano d'accordo sui problemi che ha generato e genera l'inflazione di un genere. Che poi sia difficile distinguere un giallo da un noir o da un thriller o da un hard boiled, non lo vedo come un peccato. Diceva il mio compianto maestro, Francesco Orlando, che la discussione sui generi letterari non è sterile, ma è un esercizio di comprensione del mondo - in un settore tutto sommato innocuo com'è quello della letteratura - attraverso la razionalità, la quale procede sempre e imprescindibilmente per confronti, cioè attraverso l'individuazione di costanti e di varianti. E, laicamente, la razionalità è l'unico mezzo che abbiamo a disposizione per conoscere il mondo.

    Saluti e braci

    direttor trasciatti