Il Trasciatti » randaccio http://trasciatti.it Lunario inattuale di letteratura e desueta umanità Tue, 22 May 2012 09:37:52 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 Gianvittorio Randaccio: Intercettazioni ferroviarie http://trasciatti.it/2012/02/26/gianvittorio-randaccio-intercettazioni-ferroviarie/ http://trasciatti.it/2012/02/26/gianvittorio-randaccio-intercettazioni-ferroviarie/#comments Sun, 26 Feb 2012 18:53:44 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1987

17 dicembre

La signora bionda dice che il tavolo è angolare, lei fa un po’ fatica a spiegarsi, è molto quadrato, dice, e di cristallo, una cosa, guarda, veramente incredibile, elegantissimo, però molto semplice. La collega è tutta presa, è quasi incredula, e chiede se per caso non ci sia almeno un catalogo da poter vedere, che la cosa la interessa proprio, però di cataloghi non ce ne sono, perché il marito della signora è andato in quel posto in moto e non è riuscito a portarselo via. Comunque glielo farà avere, può stare tranquilla.

26 dicembre

Ecco, dice un signore a un ragazzino seduto accanto a lui, mentre sfogliano un libro d’arte molto grosso, vedi, guarda un po’ questo dipinto, è pazzesco, non è come tutte le altre cose che sei abituato a vedere, è completamente diverso, perché sembra che ci sia un prima e un dopo, sembra che il pittore abbia fermato il momento che vedi, ma che siano successe delle cose prima e che ne succederanno altre dopo, e ti fa venire la curiosità di saperle, queste cose. Per esempio, guarda la faccia di questa signora in macchina, sembra che stia pensando ai fatti suoi e che all’improvviso si ritrovi davanti alla scena di queste persone che sono su un treno, ma devono essere salite di corsa, all’ultimo momento, addirittura sembra che abbiano fatto una rapina e che abbiano preso il treno al volo, perché sono tutti trafelati e hanno dei sacchi in mano. Chissà a cosa stava pensando la signora, e chissà dove andrà la macchina: proseguirà dritta? Andrà a destra? Si fermerà a un semaforo? Non ti viene la curiosità di saperlo? E guarda anche quel signore lì, che cammina, sembra un po’ ingobbito, pare avanti con gli anni e vedi che è un po’ stupefatto da quello che sta succedendo ma che più di tanto non riesce a esprimerlo, perché solo per alzare la testa ci mette cinque minuti. E chissà cos’è successo dopo, chiede il signore al ragazzino, anche se sembra una domanda un po’ retorica perché il ragazzino è interessato fino a un certo punto. Magari la macchina gira a destra ed esce dalla visuale; oppure affianca il treno ancora per un po’ e poi si ferma a un semaforo, mentre il treno va avanti. E chissà anche il vecchio cosa fa: forse semplicemente abbassa la testa e va avanti a camminare.

9 febbraio

La ragazza sembra che non abbia molta voglia di parlare, ma si ritrova davanti il suo collega e allora le tocca. Dice che quando ti ritrovi in un team non è così facile andare d’accordo con le persone, che oltre a stimarli dal punto di vista lavorativo, professionale, bisogna trovare anche la sintonia dal lato umano e non è sempre facile. Per esempio in un team di cui si è trovata a far parte qualche tempo fa, lei dice che proprio non riusciva a ritrovarsi con il modo di pensare delle persone che le stavano intorno e allora le cose sono andate male fin da subito. Il team non riusciva a fare gli step necessari, allora c’è stata una riorganizzazione voluta dall’alto e lei ha dovuto mollare, anche se alla fine era quasi contenta, visto che si sentiva molto in difficoltà. Il collega, invece, che sembra molto interessato a questa storia, si mette a parlare di software, dice che lui se ne intende di software, e dice che trova pazzesco che molti suoi amici, o anche molti suoi colleghi, non li conoscano quasi per niente. Uno ha fatto un corso di marketing, dice lui e chiede, retoricamente, e secondo te ha usato qualche software? No, certo che no. Oppure un altro ha fatto un corso di economia aziendale: qualche software lì? Ma neanche per sogno. E anche un altro, uno che ha fatto un corso di finanza, ha dovuto ammettere che pure lì nessuno gli ha insegnato a usare un software di nessun tipo. È pazzesco, pensa lui, come si fa a pensare di lavorare senza avere nessuna esperienza con i software? Poi a un certo punto gli viene in mente di chiedere alla ragazza se lei ha conosciuto la stagista nuova, quella di ventiquattro anni, con i capelli ricci biondi, quella che hanno messo nel team di Maria Rosa. Solo che lei non ha in mente chi sia questa qua, anzi, chiede anche chi sia Maria Rosa e il discorso muore lì. Allora il ragazzo dice che stasera va a bere qualcosa in Brera, ma è un po’ indeciso sul da farsi. L’appuntamento è alle ventidue e allora lui non sa se uscire presto dal lavoro, diciamo alle diciannove, arrivare a casa verso le venti e quindici, mangiare e farsi una doccia, oppure uscire verso le venti dall’ufficio, fermarsi a Cadorna a mangiare qualcosa e poi andare in Brera. È strano che sia indeciso, dice lui, ma forse lo è perché non ha organizzato lui l’uscita, come fa di solito. In genere lui va su google map e su milano tonight e sceglie il locale e vede anche com’è la situazione parcheggio e poi scrive ai suoi amici facendo delle proposte. Sta attento anche a quello che scrivono gli utenti su milano tonight, ai pareri che danno sui locali, ai consigli che scrivono, alle fregature che prendono. Si rende conto che è un po’ fissato, ma questa cosa lo rende più tranquillo. Ieri però aveva un sacco da lavorare, quindi non si è potuto occupare personalmente dell’organizzazione e ha dovuto lasciar fare ad altri. Un altro dei dubbi che ha è che stasera non sa bene a che ora deve uscire dall’ufficio perché non sa fino a che ora c’è Caterina.

23 febbraio

Le due colleghe parlano di un team leader appena arrivato dall’Inghilterra, e una dice che è proprio un bell’uomo, elegante e posato, che ha delle maniere gentili e raffinate e che è molto affascinante, anche se è un po’ basso. Anche la collega dice che è rimasta colpita da questo team leader che, più che basso, è meglio dire che non è molto alto, ma che compensa questa mancanza impercettibile con tutto il resto. E, insomma, era ora che arrivasse qualcuno come si deve: in genere arrivano delle mezze cartucce che fanno ridere solo a guardarli.

22 marzo

Il signore al telefono dice che è in treno e che sente un po’ male e poi chiede al suo interlocutore se può parlare o deve richiamare dopo. Niente, voleva dirgli che Roberto ha visto la copertina e dice che va bene, bisogna solo fare qualche piccola modifica. Il box più grande va bene, però cambierebbe il font e il colore sullo sfondo, perché dice che si perde un po’ e il testo non si legge bene. Quello più piccolo, invece, va ingrandito un po’ e spostato leggermente a destra, verso il taglio della pagina, in modo che l’inizio del testo sia più o meno alla base del palazzo nella foto. Lì, se non è un grosso problema, bisognerebbe mettere un fondino sfumato e magari il testo in rilevo. Comunque sì, si possono sentire poi in serata, così magari con il pdf davanti è più facile parlare.

12 aprile

La signora discute con un signore e gli dice che giusto qualche giorno fa è stata Medjugorie, dalla Madonna, ed è stato proprio un bel viaggio. Il signore sembra interessato e le chiede se Medjugorie è in Croazia, e la signora risponde che sì, è in Croazia, ma è meglio andarci con uno di quei viaggi organizzati, così c’è la guida che ti spiega tutto e tu sai sempre dove andare, senza perdere tempo inutilmente, e pensano loro a ogni cosa. Che poi a seconda del tipo di viaggio che scegli puoi decidere che giri fare perché per esempio puoi anche salire su quel monte dove in alto c’è la croce, e non solo limitarti ad andare al santuario o nei soliti posti. Il signore allora le chiede se è vero che si vede veramente la Madonna, perché lui ha questa curiosità e confessa di essere un po’ scettico. La signora allora dice che lei personalmente la Madonna non l’ha mai vista, ma che lì lo leggi negli occhi alle persone se l’hanno vista oppure no, non possono raccontare bugie, e stando lì si respira veramente un’aria speciale e si ha come l’idea di stare sospesi in un altro mondo, anche se effettivamente c’è un sacco di gente e a volte si vorrebbe un po’ più di tranquillità. La volta prima, per esempio, perché lei c’è stata anche cinque anni fa, era riuscita a trovarsi in una cappella completamente da sola e aveva passato dei momenti in cui si era sentita toccare l’anima da qualche cosa di veramente particolare, tanto che una sensazione così non l’ha mai più provata, dopo.

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Ci giungono http://trasciatti.it/2011/09/17/ci-giungono/ http://trasciatti.it/2011/09/17/ci-giungono/#comments Sat, 17 Sep 2011 20:53:40 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1482

Ci giungono da Randaccio delle strane foto. Si possono fare ipotesi. Anche scommesse. Chi indovina vince due prosciutti, uno crudo e uno cotto.

 

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I Radiopensieri sono ancora vivi http://trasciatti.it/2011/07/15/i-radiopensieri-sono-ancora-vivi/ http://trasciatti.it/2011/07/15/i-radiopensieri-sono-ancora-vivi/#comments Fri, 15 Jul 2011 07:55:49 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1304

Visita Vite da libri, il blog di fascinodemoralizzato

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Randaccio e il vino Ratto http://trasciatti.it/2011/06/22/randaccio-e-il-vino-ratto/ http://trasciatti.it/2011/06/22/randaccio-e-il-vino-ratto/#comments Wed, 22 Jun 2011 14:53:27 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1266

Un vino da ascoltare: omaggio a Pino Ratto e al suo dolcetto

di Gianvittorio Randaccio

Qualche dubbio, mentre telefoni a Pino Ratto, ti viene. Hai già provato cinque volte e non ha risposto nessuno, se non un fax che, dopo una decina di squilli a vuoto, ti ha trapanato ogni volta l’orecchio e il cervello. Hai pensato anche di mandargli un fax per preannunciargli la tua visita, ma non te la sei sentita, forse sei meno moderno di quello che vuoi dare a intendere, o forse il fax ti è sempre sembrato una macchina diabolica.

A un certo punto, però, Pino risponde e, con la sua erre arrotata, ti dice che a lui farebbe piacere incontrarti, puoi venire quando vuoi in mattinata, tanto lui dalle sette è in piedi: ah, e poi se vuoi del vino devi portarti i recipienti, perché lui di bottiglie e di tappi non ne ha più, è qualche anno che non vinifica, l’unico vino che gli è rimasto è ancora nelle barrique, giù in cantina.
Pino Ratto vive a Rocca Grimalda, sopra Ovada, in frazione San Lorenzo, alla fine di una via che sembra portarti in un’altra nazione, tra prati, vigne, curve e pendii improvvisi. La sua casa è l’ultima, dopo non c’è più niente, solo bosco, rovi e serpenti. Quando arrivi, in compagnia di due amici ad alta gradazione alcolica, non c’è nessuno, ma non ti stupisci, anzi, ti sembra impossibile che in quest’eremo scalcinato viva qualcuno: la casa è in stato di abbandono avanzato, sul prato ci sono gli avanzi di molte vite: sedie, tavoli, bottiglie vuote, gomme, un gatto acciambellato vicino a una damigiana. Non prende nemmeno il telefonino, solo quello del tuo amico ha una disperata tacchettina, che permette di sentire che il telefono all’interno della casa suona, ma nessuno risponde, solo il solito fax. Un vicino di casa ci dice che Pino sarà in giro con il suo doblò bianco, e magari tra poco lo troviamo.
Bisogna rivedere i programmi, allora. È un attimo, si va a Rocca Grimalda, beviamo qualcosa in un bar e aspettiamo che Pino torni, più che altro speriamo che Pino torni, chissà dov’è finito. Al Bar Genova facciamo un paio di giri di Barbera e Cortese, vini di queste parti, tra Piemonte e Liguria, poi, inaspettatamente, Pino risponde al telefono: sono tornato, dice, ero uscito, e dalla voce capisci che è stupito del tuo stupore, come uno che pensa che potrà pure uscire una mezz’oretta anche se qualche giorno fa ti ha detto di venire quando vuoi, che tanto lui si alza alle sette del mattino.
E allora, velocissimi, eccoci di nuovo davanti a casa. Lui ci sente arrivare, apre la porta e ci accoglie, stanco e con la faccia triste. Dice che non sta tanto bene, che è arrivato, qualunque cosa questo voglia dire. Io rimango spiazzato. Però siamo venuti fin qua per lui, e allora cerchiamo di conoscerci, per quel poco che si può fare in un’occasione come questa. Pino ci indica le sue vigne, che a guardarle adesso bisogna un po’ immaginarsele, visto che sembrano più dei boschi invece che quei luoghi dell’anima chiamati Gli Scarsi e Le Olive, da cui nascevano quei vini così incredibili: ormai lui lì non ci va più e tutto sta andando in malora, un po’ come la casa. Anche i calici che ci vengono offerti sembrano aver vissuto giorni migliori, così come la porta della cantina in cui, a fatica, veniamo accompagnati per assaggiare l’ultima annata prodotta. Fin da subito la cantina ci sembra appartenere a un altro mondo: è grande, spaziosa, fresca, e anche se è in stato di abbandono, sembra fare ancora benissimo il suo lavoro. Sul retro una parete è costituita da pannelli di plastica, probabilmente l’unica soluzione trovata per far finta che anche lì ci sia un muro e che, pensa un po’, questo possa proteggere adeguatamente il vino che riposa qui da anni.
Pino sposta una botte, prende un siringone, a me sembra uno sciamano, e ci riempie i calici di quello che dice essere il Dolcetto degli Scarsi, annata 2006, o giù di lì, non si ricorda bene. È il suo vino più forte, più maschio, quello de Le Olive è più gentile, e ci dice che possiamo anche non dirgli niente, perché quelli che si dicono veri esperti di vino non si sbilanciano mai, lasciano sempre parlare gli altri, per paura di fare brutte figure. Ma noi non siamo degli esperti e non abbiamo paura di dire la nostra: questo dolcetto sembra tutto tranne un dolcetto. È di una potenza spaventosa, e ti fa rendere conto subito che è vero che i vini di Pino Ratto non si possono bere da giovani, a meno che non si sia in cerca di esperienze forti. Nel calice ho un vino di cinque anni che è di un rosso quasi granato, che fa sedici gradi, che sa di frutta e legno e di mille altre cose, che sprigiona un’energia che quasi ti manda al tappeto. E mentre cerco di capire cosa sto bevendo finalmente Pino si apre un po’: ci parla di quando giocava a calcio (anni Cinquanta, serie A, nel Genoa), del fatto che qualcuno prima di una partita gli abbia detto la cosa sbagliata nel momento sbagliato e lui gli ha tirato addosso uno scarpino, dicendo addio ai sogni di gloria; di quando suonava il jazz in Francia, il clarinetto, e del fatto che a lui sembra impossibile che ci sia gente che suona sempre la stessa nota per tutta la vita, come si fa a non annoiarsi così? Poi, come per sbaglio, parliamo anche di vino: del fatto che lui ha cominciato per colpa di suo padre, che le barriques vanno benissimo per far invecchiare il vino, basta che non siano giovani, che siano state tostate bene, e che si sappiano usare. Suo padre usava le botti grandi, è per questo che lui è passato alle barrique: forse l’unico vero obiettivo della sua vita è stato fare il vino meglio di suo padre, e farlo facendo esattamente il contrario di quello che faceva lui.
Ogni tanto Pino si ferma e sembra che si commuova un po’, soprattutto quando gli dico che mi fa una certa emozione stare nella stessa cantina in cui più di trent’anni fa anche Mario Soldati assaggiava il suo vino e si aggirava tra bottiglie e barrique. Non gli chiedo niente di Veronelli, chissà cosa succederebbe, qui di emozione ce n’è a fiumi.
Il vino che ho nel calice intanto si ingentilisce, basta qualche minuto perché sprigioni nuovi profumi e aromi e ti accarezzi il palato con più morbidezza: forse non è il vino più buono che io abbia mai bevuto, ma pensare che questo prodigio sia fatto con uve dolcetto mi affascina e stupisce. Pino mi dice che il vino basta saperlo fare, e a lui viene sempre su un gran nervoso quando pensa a tutte le porcherie che si fanno per commercializzare liquidi che del vino hanno solo il nome stampato sull’etichetta. Il dolcetto ne avrebbe di potenziale, eccome, ma se la gente vuole solo fare soldi in fretta, ci si ritroverà sempre con quelle schifezze che ti propinano, è matematico. Il suo vino, invece, è fatto con amore, con passione, e si sente: è un vino bizzarro, imponente, si dice che ogni bottiglia sia diversa dall’altra e che non sia difficile trovare annate storte, con puzze e difetti evidenti. Per Pino Ratto, però, è una cosa normale: il vino ha centinaia di componenti, come fai a pensare di controllarle tutte, come puoi sostituirti alla natura e produrre qualcosa di diverso da quello che l’uva di ogni singolo ceppo è pronta a fare? Lui non ne vuole sapere di chimica, di tagli, di porcherie: non sa bene neanche lui come gli viene fuori questo dolcetto, ma è giusto così, e lo è sempre stato.
Io, ma non avevo dubbi, sono d’accordo con lui, e penso di avere una fortuna incredibile, mentre lo vedo riempirmi le bottiglie che ho portato da casa: tra un po’ il vino di Pino Ratto non si troverà più, e io conserverò questi pochi litri come un tesoro prezioso, da centellinare piano piano, nel corso degli anni.
Passa ancora poco, ormai, ed è ora di pranzo. Pino va in un angolo e prende una bottiglia da uno scatolone: dice che è di una decina di anni fa, che possiamo berla a casa, con calma. Sul tappo c’è un ragno, anche un filo di muffa. Io e i miei amici non sappiamo cosa troveremo lì dentro, ma se anche solo sarà una cosa bevibile, la gusteremo come un pezzo di storia, assaporandone ogni sorso.
Poi, senza voler nemmeno discutere, Pino salta sul suo doblò e decide di accompagnarci a Silvano d’Orba, per un pranzo veloce: lui non si ferma con noi, ha già mangiato due panini, e poi nel pomeriggio viene ancora gente, ma ci scorta volentieri. Quando arriviamo al ristorante scoppia un temporale, forse è un segno del destino, e quando lo salutiamo nella mia testa rimbomba la cosa che Pino mi ha detto quando gli ho chiesto come sia possibile riuscire a fare un vino come il suo: è semplice, mi ha detto, il vino parla, basta solo saperlo ascoltare.
Facile, no?

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Contro il pizzetto: un’invettiva di Randaccio http://trasciatti.it/2011/04/03/contro-il-pizzetto-uninvettiva-di-randaccio/ http://trasciatti.it/2011/04/03/contro-il-pizzetto-uninvettiva-di-randaccio/#comments Sun, 03 Apr 2011 09:02:36 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1108

Se vogliamo continuare a raccontarci delle balle, allora andiamo avanti pure, per me non c’è problema. Se invece vogliamo provare a dire almeno per una volta la verità, allora facciamolo, così la smettiamo con gli equivoci.
Tu sei brutto, e nessuno può fartene una colpa. Non decidi tu con che faccia vieni al mondo. Il problema è che oltre a essere brutto hai proprio un viso insignificante, con un’espressione da pesce lesso, un’aria da vittima sacrificale, che un po’ a guardarti fai venire tenerezza, un po’ verrebbe voglia di scuoterti, di sbatterti con violenza contro un muro, per provare a farti reagire, a far entrare una boccata d’aria nel chiuso della tua testolina bacata.
Ma tu ti senti furbo e una mattina ti svegli, ti guardi allo specchio e ti viene un’idea di quelle fulminanti, di quelle che ti cambiano la vita, e ti fanno diventare tutt’a un tratto bello, forte, sicuro di te, quasi importante. Perché non farmi crescere il pizzetto, ti dici? Già, perché? ti chiedi, e non saranno passati nemmeno trenta secondi da quando te lo sei chiesto che già sei all’opera con forbici e rasoio. Sembra una cosa da niente, e guarda che effetto che ha, sembri un altro. Ti sembri più bello, più interessante, più sicuro di te, tanto che ti metti anche a fare il finto pugile che tira i pugni contro lo specchio, mandando ko la tua immagine di sfigato cronico. Allora esci di casa e ti senti proprio un bell’ometto e anche i primi amici che ti vedono confermano la tua prima impressione, dicendoti che così stai proprio bene, sembri completamente diverso con quel bel triangolino di barba che ti riveste il mento. Chissà cosa diranno le ragazze quando ti vedranno, magari anche la tua vita sessuale trarrà giovamento da questa idea geniale che ti è venuta stamattina.
Ma secondo te, se solo ti facessi un esame di coscienza nella tua cameretta, con la luce spenta e lo stereo azzittito, è cambiato veramente qualcosa? È bastato farti crescere quattro peli sul mento per farti diventare all’improvviso quello che non sei stato in una vita intera? Pensi che sia sufficiente un fazzoletto di barba squadrata a farti diventare bello e affascinante? Oppure pensi che bastino quei basettoni che sembrano scolpiti con il goniometro e che si riuniscono scenograficamente sotto il mento, come la decorazione di una balaustra del Settecento? La verità, in realtà, e purtroppo per te, tu la conosci benissimo ed è ben più dolorosa. Eri un poverino prima e lo sei ancora adesso, anche se in un impeto di ottimismo hai cercato di pensare il contrario. Puoi fare la faccia da duro, sorridere allo specchio, strizzare l’occhiolino, ma nel profondo del tuo cuore sai che non basta quell’insulso pizzetto a fare di te un figaccione. Anzi, quella macchietta nera che ti circonda il mento è la tua più grande sconfitta, il simbolo del tuo totale fallimento, e ogni giorno che passa e ti guardi allo specchio dovresti sentirti più depresso e inadeguato.
Dai retta a me, taglia quell’insulso pizzetto: rimarrai un poverino, ma alzerai il livello della tua autostima. Non è molto, lo so, ma forse è meglio fare la pace con se stessi, che ridursi ogni mattina a speluccarsi davanti allo specchio, confondendo la bellezza con la trigonometria.

(Il disegno è di Evelina Buttinelli)

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Avvistamenti di Libratti http://trasciatti.it/2011/02/14/avvistamenti-di-libratti/ http://trasciatti.it/2011/02/14/avvistamenti-di-libratti/#comments Mon, 14 Feb 2011 21:44:35 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=994

Da Milano e Abbiategrasso, il nostro corrispondente Gianvittorio Randaccio ci invia delle immagini relative ad alcuni Libratti avvistati sugli scaffali. In particolare è riconoscibile la rossa (ma non era rosa?) copertina di Parole apparecchiate, storie da mangiare.

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Vite da libri http://trasciatti.it/2010/10/05/vite-da-libri/ http://trasciatti.it/2010/10/05/vite-da-libri/#comments Tue, 05 Oct 2010 09:10:12 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=577

Vite da Libri, un bel blog, delicato e originale, che vi consigliamo di visitare. Ci sono anche i Libratti, ovviamente, ma ve lo avremmo suggerito lo stesso.  Diciamo che l’idea di questo blog è simile a quella, mai realizzata e più egocentrica, degli “Avvistamenti di Libratti”. Qui, con uno sguardo più ampio di quello librattesco, si parla di avvistamenti di libri, di posizionamenti di libri, di composizioni di libri nel quotidiano. I titoli sono quelli di scrittori molto amati anche da noi. www.vitedalibri.wordpress.com.

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Ridolini: Una vita avventurosa, tra dialetto e poesia http://trasciatti.it/2010/09/18/ridolini-una-vita-avventurosa-tra-dialetto-e-poesia/ http://trasciatti.it/2010/09/18/ridolini-una-vita-avventurosa-tra-dialetto-e-poesia/#comments Sat, 18 Sep 2010 09:21:16 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=515

Gianvittorio Randaccio commenta Vita di “Ridolini” di Gianfranco Mammi (Linsolito.net, rivista di critica letteraria)

Dalla voce alla pagina, senza filtro

Per fare un libro non c’è bisogno per forza di essere degli scrittori. Anzi, molto spesso quelli che dicono di essere degli scrittori, che si atteggiano a fare gli scrittori, che magari ce l’hanno anche scritto sulla carta d’identità che sono degli scrittori, finiscono per essere solo dei ciarlatani, pronti a parlare di letteratura e di bella scrittura solo con frasi fatte e luoghi comuni, come dei pappagalli ammaestrati alla scuola delle buone maniere. A mettersi lì a chiacchierare, delle volte, invece, basta poco, e se uno è attento e non si lascia sfuggire l’occasione, ecco che il libro viene fuori da solo, senza tante cerimonie e proclami. Uno deve avere delle cose da dire e farlo bene, non è che ci voglia molto: tutto il resto serve a dare aria alla bocca, e basta.  Leggi tutto

Altre informazioni sul libro e sul suo autore

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