Il Trasciatti » Crestomazia http://trasciatti.it Lunario inattuale di letteratura e desueta umanità Tue, 22 May 2012 09:37:52 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 Mi chiamano legione, perché siamo in molti… http://trasciatti.it/2011/12/25/mi-chiamano-legione-perche-siamo-in-molti/ http://trasciatti.it/2011/12/25/mi-chiamano-legione-perche-siamo-in-molti/#comments Sun, 25 Dec 2011 11:23:14 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1772

Voglio farle una domanda, disse il dottor Cardoso, lei conosce i médecins-philosophes? No, ammise Pereira, non li conosco, chi sono? I principali sono Théodule Ribot e Pierre Janet, disse il dottor Cardoso, è sui loro testi che ho studiato a Parigi, sono medici e psicologi, ma anche filosofi, sostengono una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere “uno” che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un’illusione, peraltro ingenua, di un’unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo il risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto nella confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l’io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione. Forse, concluse il dottor Cardoso, dopo una paziente erosione c’è un io egemone che sta prendendo la testa della confederazione delle sue anime, dottor Pereira, e lei non può farci nulla, può solo eventualmente assecondarlo“. (A. Tabucchi, Sostiene Pereira, Feltrinelli, 1994, pp. 122-23)..

In alto: incisione di Fortunio Liceti

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Due epigrammi (e tre poesie) di Noventa http://trasciatti.it/2011/09/08/due-epigrammi-di-noventa/ http://trasciatti.it/2011/09/08/due-epigrammi-di-noventa/#comments Thu, 08 Sep 2011 21:33:44 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1467

 

 

 

Non era tenero quest’uomo con i nostri poeti.

I

Ungaretti

uomo di penna

ti basta un’Accademia

per farti coraggio.

II

Sali in su, Montale

sali in su:

sale

l’ultima tua bolla in su:

sali in su

anche tu.

*

… C’eran critici e vatini,

Ma Gobetti e Benedetti,

Generosi cherubini

Di rivolte e di rispetti.

Piero mondi concepiva

Di ribelli senatori,

E i meccanici finiva

Con le lime dei dottori;

Giacomino in braccio a Saba,

E in disparte, stava là,

Trasognato in una fiaba

Dell’ebraica libertà.

Pur sia dolce la memoria

A quei due dei miei vent’anni:

Come fu non facil gloria

Consumarsi in quegli inganni! …

**

O scatole notturne parigine,

Dove innocenti gazze beccan l’oro

Nostro, e di civiltà meno divine,

Fra le rinunce al lascivo decoro

Anche da voi ci gridano la fine

Satiri e servi, e nel selvaggio coro

Americano, che dirige il ballo,

Avidi gnomi, dipinti di giallo.

***

Mangio e bevo un po’ troppo, lo so:

Tre volte

A ogni gong.

La prima volta, da solo, coi poveri:

La seconda, da solo, coi ricchi:

La terza con tutti gli amici,

Ricchi e poveri.

E’ un po’ troppo: ma come sfamarmi,

Come volete che possa sfamarsi,

E dissetarsi, un poeta,

Da solo?

Ah, se i poveri fossero uomini! …

Se i ricchi fossero uomini! …

(1959)

Venerdì 9  settembre, ore 17, Agorà, Piazza dei Servi, Lucca: presentazione del libro di Daniela Marcheschi Nessuno è poeta. Scritti su Giacomo Noventa.

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Testamentum Porcelli http://trasciatti.it/2011/01/14/testamentum-porcelli/ http://trasciatti.it/2011/01/14/testamentum-porcelli/#comments Fri, 14 Jan 2011 11:35:11 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=949

L’autore di questo scritto, citato da San Gerolamo nella prefazione al commentario ad Isaia, è ignoto, vissuto forse attorno all’anno 350 d.C.
TESTAMENTUM PORCELLI

Incipit testamentum porcelli.
M. Grunnius Corocotta porcellus testamentum fecit. Quoniam manu mea scribere non potui, scribendum dictavi.
Magirus cocus dixit: “veni huc, eversor domi, solivertiator, fugitive porcelle, et hodie tibi dirimo vitam”.
Corocotta porcellus dixit: “si qua feci, si qua peccavi, si qua vascella pedibus meis confregi, rogo, domine coce, vitam peto, concede roganti”.
Magirus cocus dixit: “transi, puer, affer mihi de cocina cultrum, ut hunc porcellum faciam cruentum”.
Porcellus comprehenditur a famulis, ductus sub die XVI Kal. Lucerninas, ubi abundant cymae, Clibanato et Piperato consulibus. Et ut vidit se moriturum esse, horae spatium petiit et cocum rogavit, ut testamentum facere posset.
Clamavit ad se suos parentes, ut de cibariis suis aliquid dimitteret eis. Qui ait:
“”Patri meo Verrino Lardino do lego dari glandis modios XXX, et matri meae Veturinae scrofae do lego dari Laconicae siliginis modios XL, et sorori meae Quirinae, in cuius votum interesse non potui, do lego dari hordei modios XXX.
Et de meis visceribus dabo donabo sutoribus saetas, rixoribus capitinas, surdis auriculas, causidicis et verbosis linguam, bubulariis intestina, isiciariis femora, mulieribus lumbulos, pueris vesicam, puellis caudam, cinaedis musculos, cursoribus et venatoribus talos, latronibus ungulas. et nec nominando coco legato dimitto popiam et pistillum, quae mecum attuleram: de Thebeste usque ad Tergeste liget sibi collum de reste.
Et volo mihi fieri monumentum ex litteris aureis scriptum: “M. Grunnius Corocotta porcellus vixit annis DCCCC . XC . VIIII . S . quod si semis vixisset, mille annos implesset.
Optimi amatores mei vel consules vitae, rogo vos ut cum corpore meo bene faciatis, bene condiatis de bonis condimentis nuclei, piperis et mellis, ut nomen meum in sempiternum nominetur. Mei domini vel consobrini mei, qui testamento meo interfuistis, iubete signari”".
Lardio signavit.
Ofellicus signavit.
Cyminatus signavit.
Lucanicus signavit.
Tergillus signavit.
Celsinus signavit.
Nuptialicus signavit.
Explicit testamentum porcelli sub die XVI Kal. Lucerninas Clibanato et Piperato consulibus feliciter.

IL TESTAMENTO DEL MAIALE

Inizia il testamento del maiale
Il sottoscritto M. Grugno Corocotta, maiale, ha fatto testamento. E non potendolo scrivere di mano sua, lo ha dettato affinché venisse scritto.
Il cuoco Cuciniere mi disse “vieni qua, porco che metti sottosopra tutta la casa, girovago e sempre fuggiasco, oggi porrò fine alla tua vita”.
E il maiale Corocotta disse “se ho fatto qualche cosa di male, se ho peccato, so ho rotto dei vasi con i miei piedi, o signor cuoco, ti chiedo di avere salva la vita, fai questa grazia a chi ti prega.
E il Cuciniere disse “vai garzone e portami un coltello dalla cucina per scannare questo maiale”.
E il maiale viene afferrato dai servi il sedicesimo giorno delle calende di Candelora, sotto il consolato dei consoli Tegame e Speziato quando abbondano le verze. E quando egli vide che doveva ormai morire, implorò un’ora di tempo e chiese al cuoco di poter fare testamento.
E così chiamò a sé i suoi parenti per poter lasciar loro le sue cibarie. E così disse:
“”A mio padre Verro de’ Lardi do e lego che siano dati trenta moggi di ghiande e a mia madre Vetusta Troia do e lego che siano dati quaranta moggi di segale della Laconia e a mia sorella Grugnetta, alle cui nozze non potei esser presente, do e lego che siano dati trenta moggi di orzo.
Delle mia interiora do e donerò ai calzolai le setole, ai litigiosi le testine, ai sordi le orecchie, a chi fa continuamente cause e parla troppo la lingua, ai bifolchi le budella, ai salsicciai i femori, alle donne i lombi, ai bambini la vescica, alle ragazze la coda, ai finocchi i musculi, ai corridori ed ai cacciatori i talloni, ai ladri le unghie ed infine al qui nominato cuoco lascio in legato mortaio e pestello che mi ero portato: da Tebe fino Trieste ci si leghi il collo usandolo come laccio.
E voglio che mi sia fatto un monumento con su scritto in lettere d’oro: “Il maiale M. Grugno Corocotta visse 999 anni e mezzo e, se fosse campato ancora sei mesi, sarebbe arrivato a mille anni”.
Carissimi miei estimatori e preparatori, chiedo che con il mio corpo vi comportiate bene e che lo condiate di buoni condimenti, di mandorle, pepe e miele in modo che il nome mio sia lodato in eterno. E ordinate al mio padrone e a mio cugino che sono stati presenti al testamento, di firmarlo.”"

Firmato da Lardone.
Firmato da Bisteccone.
Firmato da Comino.
Firmato da Salsiccio.
Firmato da Coppa.
Firmato da Capocollo.
Firmato da Prosciutto.
Qui finisce in tutta regola il testamento del maiale redatto il giorno 16° delle calende di Candelora, consoli Tegame e Speziato

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Guido delle Colonne: Ancor che l’aigua http://trasciatti.it/2010/01/23/guido-delle-colonne-ancor-che-laigua/ http://trasciatti.it/2010/01/23/guido-delle-colonne-ancor-che-laigua/#comments Sat, 23 Jan 2010 19:24:03 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=256 Post image for Guido delle Colonne: Ancor che l’aigua

Ancor che l’aigua per lo foco lassi
la sua grande freddura
non cangeria natura
s’alcun vasello in mezzo non vi stassi;
anzi averria senza lunga dimura
che lo foco astutassi,
o che l’aigua seccassi;
ma per lo mezzo l’uno e l’autra dura.
Cusì, gentil criatura,
in me à mostrato Amore
l’ardente suo valore:
che senza Amore er’aigua fredda e ghiaccia,
ma Amor m’à sì allumato
di foco che m’abraccia,
ch’eo fora consumato,
se voi, donna sovrana,
non fustici mezzana
infra l’Amore e meve,
ca fa lo foco nascere di neve.
Immagine di neve si pò diri
omo che no à sentore
d’amoroso calore:
ancor sia vivo, non si sa sbaudiri.
Amore è uno spirito d’ardore,
che non si pò vediri,
ma sol per li sospiri
si fa sentire in quello ch’è amadore.
Cusì, donna d’aunore,
lo meo gran sospirare
vi por[r]ia certa fare
de l’amorosa flamma, und’eo so involto;
e non so com’eo duro,
sì m’ave preso e tolto;
ma parm’ esser siguro
che molti altri amanti,
per amor tutti quanti,
funo perduti a morti,
che non amaro quant’eo, nè sì forti.
Eo v’amo tanto, che mille fiate
in un’or mi s’arranca
lo spirito che manca,
pensando, donna, la vostra beltate.
E lo disio c’ò lo cor m’abranca,
crescemi volontate,
mettemi ‘n tempestate
ogni penseri, chè mai non si stanca.
O colorita e blanca
gioia, de lo meo bene
speranza mi mantene;
e s’eo languisco non posso morire,
ca, mentre viva sete,
eo non por[r]ia fallire,
ancor che fame e sete
lo corpo meo tormenti;
ma, sol ch’eo tegna menti
vostra gaia persona,
obbrio la morte, tal forza mi dona.
Eo non credo sia quel[lo] ch’avia,
lo spirito che porto,
ched eo fora già morto,
tant’ò passato male tuttavia;
lo spirito chi aggio, und’eo mi sporto,
credo lo vostro sia,
che nel meo petto stia
e abiti con meco in gioi e diporto.
Or mi son bene accorto,
quando da voi mi venni,
che, quando mente tenni
vostro amoroso viso netto e chiaro,
li vostri occhi piagenti
allora m’addobraro,
che mi tennero menti
e diedermi nascoso
uno spirto amoroso,
ch’assai mi fa più amare
che no[n] amò null’altro, ciò mi pare.
La calamita, contano i saccenti
che trar[r]e non por[r]ia
lo ferro per maestria,
se no che l’aire in mezzo lu consenti;
ancor che calamita petra sia,
l’altre petre neenti
non son cusì potenti
a traier, perchè non n’àno bailìa.
Così, madonna mia,
l’Amor s’è apperceputo
che non m’avria potuto
traer a sè, se non fusse per vui.
E sì son donne assai,
m’àno nulla per cui
eo mi movesse mai,
se non per voi, piagente,
in cui è fermamente
la forza e la vertuti.
Addonque prego l’Amor che m’aiuti.

(In alto: giardino della Villa Medicea di Buti, Photo Tresciat)

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