Il Trasciatti » Butazzi http://trasciatti.it Lunario inattuale di letteratura e desueta umanità Tue, 22 May 2012 09:37:52 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 Renzo Butazzi: Luoghi e nature morte http://trasciatti.it/2012/02/18/renzo-butazzi-luoghi-e-nature-morte/ http://trasciatti.it/2012/02/18/renzo-butazzi-luoghi-e-nature-morte/#comments Sat, 18 Feb 2012 10:13:17 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1948

Milano 1950

Puzzo d’uova al burro
e piastrelle da cesso
ogni sera all’ingresso
nella cremeria di Brera

 

 

Solitudine

Briciole e macchie di vino
sulla tovaglia di carta.
Uno schizzo di sugo
sul giornale appoggiato
al quartino di vetro.
Nel piatto rimasto,
uno stuzzicadenti troncato
una crosta di “zola”,
una buccia di pera.
Così ogni sera.

(9.1.07)
Vuoto

Con pena
la penna a sfera
traccia sul foglio
un pensiero svogliato
sbaffato da un pelo.
 

Le penne riflesse

Immote, dal portapenne,
le penne riflesse
guardano mute se stesse
sul piano lucente
d’un tavolo vuoto

Dal terrapieno di Lambrate

Sfila un incerto asilo
d’umanità nascosta
dietro muri bui
di villini cadenti,
e luci velate di condomini.
Nell’ombra
le mensole sciatte
dei balconi sul retro.
pendono su cortili spenti.
Prende vita la nebbia
negli aloni immoti dei lampioni
e nei riflessi d’un asfalto fradicio
che nessuno calpesta.

Centro direzionale

Tra l’una e le due,
un poco accaldati,
con le giacche tirate
sui ventri farciti
le cravatte allentate,
il rossetto smangiato,
e la fronte un po’ lustra,
impiegati e impiegate
escono dai bar con tavola calda
per tornare in azienda,
odorosi di fritto
e di formaggio cotto.

Piazza d’inverno

Dietro il vetro gelido
guardo la piazza, illusa
da un sole opaco.
Sulla terra appassita
del prato
giocano con qualche grido
fanciulli smunti.
Cani da poco
vagano tra gli sterpi
e con breve, ripetuto impegno
s’accostano all’un tronco e all’altro.
Sulle panchine stinte
tacciono vecchi consunti,
appena animati dai loro pensieri.

Volti

Incrocio nella folla
volti che non guardo.
Volti afoni, amorfi, insulsi,
belli e brutti:
volti normali
che non metto a fuoco
e che il pensiero, senza colpa, ignora.
Poi, talvolta,
incontro un volto contorto,
dallo sguardo smarrito
mentre la bocca blatera
un soliloquio senza fine.
Racconta di un sé nemico,
di un male che affiora dal profondo,
di una vita ostile.
Quello lo guardo e penso
e mi sento in colpa
senza averla.

10.2.07

(Nella foto: cucina di dipendente postale scapolo part time)

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Renzo Butazzi: Spoon River Analogy http://trasciatti.it/2011/10/05/renzo-butazzi-spoon-river-analogy/ http://trasciatti.it/2011/10/05/renzo-butazzi-spoon-river-analogy/#comments Wed, 05 Oct 2011 06:53:16 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1530

Oh, biologo pietoso
prega anche tu
per il fanciullino
morto di freddo
allorché la provetta
cadde, spargendolo,
appena concepito
sul gelido impiantito
                                                      del laboratorio.
                                                     Lo sfortunato non era neppure
                                                       battezzato.
*
Questa Facoltà di Medicina
Divisione di Cardiochirurgia
ricorda l’eroico sacrificio di
Pelosi Arturo, Belledi Mariuccia e Filotti Antonio.
Animalisti convinti, nemici acerrimi della vivisezione
si sostituirono volontariamente
a un cane e due conigli
in un programma sperimentale
per il trapianto dei cuori di palmito
negli esseri umani.

*
Donato un rene
non stava bene
e dopo aver donato un polmone
ebbe qualche disfunzione
che peggiorò appena il fegato
gli fu asportato per essere trapiantato.
Quando ebbe donato l’altro rene,
l’altro polmone
e un pezzo di duodeno
sentì un gran vuoto dentro
e per la disperazione
si gettò sotto il treno
perdendovi gli arti.
Una prece a ciò che resta di
Deglinnocenti Esposito
primo donatore professionale
di organi.
*
Rendiamo lode al silenzio cristiano
di Pappalardo Giuseppina
che, dopo aver superato, con modestia e discrezione
le violenze del nonno e del padre,
di quattro fratelli, tre zii, otto cugini e tre nipoti,
offrendo al Signore le sue sofferenze
senza mai lamentarsene per rispetto della famiglia
e non recare scandalo,
con il fisico ormai provato
decedeva all’età di ottantacinque anni
per la sconsiderata irruenza
di un pronipote.
*
Eterno riposo
a Degli Esposti Mimì
e Degli Esposti Totò
con l’amatissima zia
Degli Esposti Giuseppina vedova Cucchiara
chiamati a sé dal Signore mediante tre colpi di lupara.
Non erano magistrati,
né testimoni o confidenti o pentiti
né occasionali passanti
né militari delle scorte.
Furono però estratti a sorte
per l’addestramento settimanale
al tiro
della cosca locale.
Dalla comunità tutta
vada a questi cittadini esemplari
un pensiero reverente e grato
per il servizio prestato
con cristiana rassegnazione.

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Renzo Butazzi: Su una poesia di Torquato Gazzilloro http://trasciatti.it/2010/09/14/renzo-butazzi-su-una-poesia-di-torquato-gazzilloro/ http://trasciatti.it/2010/09/14/renzo-butazzi-su-una-poesia-di-torquato-gazzilloro/#comments Tue, 14 Sep 2010 16:35:06 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=480

Ape Regina

Appartiene all’adolescenza  del Poeta e al suo legame con la madre anche l’episodio ispiratore di questo Idillio agreste:                                           

Alle sette di mattina

s’alza l’Ape Regina,

vaga sull’aia, sorvola la risaia.

Riposa un colonnello dei dragoni

sotto l’ombrello

ma senza pantaloni,

e dietro un fico

l’Alvara soffia in bocca a Lodovico.

Suonano i tafàni la fanfara

ed una vacca

all’ombra d’un bemolle

fa la cacca. 

In quel periodo la famiglia Gazzilloro si era ormai trasferita da Vaglia a Busto Arsizio per seguire meglio lo sviluppo della banca di proprietà e la signora Andreina Gazzilloro – che come ho detto si dilettava nello studio del canto – soleva trascorrere le vacanze estive con i figli in una villetta isolata della campagna brianzola. Questo relativo isolamento le consentiva di dedicarsi a vocalizzi e gorgheggi in piena libertà

Più volte, quando doveva esercitarsi in albergo o nella casa di città, gli altri ospiti avevano protestato, i vicini si erano lamentati; le erano anche giunte lettere con insulti e minacce. Un giorno una serie di vocalizzi dal do al si e viceversa aveva fatto imbizzarrire il cavallo di una carrozza che passava sotto le finestre. Il vetturino si era infuriato e uno dei passeggeri, una signora in stato interessante, aveva rischiato l’aborto. Un’altra volta il carro di un vinaio era stato rovesciato dal quadrupede terrorizzato e le botti si erano sfasciate sul selciato. Dopo quell’incidente il delegato di pubblica sicurezza aveva diffidato la signora Gazzilloro “dall’esercitarsi di voce in modo tale da indurre irritazione, timore o qualsivoglia altra forma di turbamento in persone e animali”.      

Dunque donna Andreina preferiva fare i suoi vocalizzi in campagna, dove pare che solo le cicale e le galline dei pollai più vicinini ne patissero danno. Secondo le cronache di La Nazione Agricola le cicale ammutolivano e cadevano dagli alberi, fulminate e scosse dalla forza degli acuti, mentre le galline smettevano di fare le uova. Il quotidiano scrive anche che per evitare antipatiche lamentele, la signora dava in anticipo ai contadini dei dintorni piccole somme di denaro come rimborso anticipato per le uova non prodotte.

Una mattina Torquato e Titina si erano alzati che la madre era già uscita per l’abituale passeggiata in campagna, nel corso della quale si rafforzava i muscoli dell’addome e la voce con esercizi appropriati. La cameriera aveva preparato la colazione per i ragazzi ed era andata a fare la spesa.

Di solito, mentre facevano colazione, i figli potevano sentire i gorgheggi della madre anche se questa si era allontanata molto e aspettavano tranquillamente che tornasse. Ma quella mattina la voce si era interrotta presto, senza che maman ricomparisse. Titina non se n’era data pensiero ed era rientrata in casa, “attratta dalle arabe fattezze di un giovane tappezziere che stava sostituendo la carta ad una parete”, come scrisse nel suo Journalet intime. Il fratello, invece, rimasto a gingillarsi in giardino, vedendo che la madre non tornava e non avendo niente di meglio da fare, decise di andare a cercarla. Anche perché sperava d’incontrare Alvara Bruzziconi, una contadinella del podere vicino che gli “faceva sempre venire un certo formicolio all’inguine”. (Lettera 102 nella raccolta Lettere di Quatino (Torquato) Gazzilloro a parenti ed amici…).

Secondo il saggio del Perricone La spada e l’arbusto, il futuro poeta, esplorando il boschetto alla ricerca di maman, si sarebbe imbattuto in un ufficiale dei Dragoni (all’epoca impegnati nelle manovre proprio in quella zona) che si intratteneva con la signora Gazzilloro (l’Ape Regina, appunto). Sempre secondo Perricone il poeta ne avrebbe ricavato un forte turbamento, non sappiamo se per aver scoperto i due in colloquio intimo, se perchè il militare si prese con lui delle libertà oppure se per entrambe le cose. A conforto della sua tesi il critico cita un brano da Dragoni e cavalleria leggera, ecc.

Numerose testimonianze di cameriere, nobildonne, mozzi di stalla, maniscalchi e poeti, affermano che l’esuberanza sessuale dei Dragoni, soprattutto degli offiziali, era irrefrenabile. La lussuria di questi irruenti centauri in divisa li spingeva al trotto, al galoppo o di carriera verso qualsivoglia pertugio potesse placarla.

Sempre secondo il Perricone  un certo antimilitarismo del Poeta – chiaramente testimoniato dai versi “Pace, pace, il miglior fuoco è quello di brace” che gli procurarono forti critiche durante la spedizione di Massaua del 1885 – risalirebbe proprio a questo episodio. Tuttavia, prima di accettare senza verifiche l’ipotesi maliziosa dello studioso, vorrei ricordare che il Perricone, per quanto esimio critico, era balbuziente, piccolo, zoppo, strabico, con la gobba, il labbro leporino, l’alito fetido e le unghie incarnite: niente di più probabile che invidiasse e detestasse Torquato Gazzilloro per i suoi successi in campo femminile.

Gli ultimi versi di “Idillio agreste” sublimano quell’integrazione tra poesia e natura che un’osservazione attenta della campagna ci suggerisce. I tafani, forse eccitati dalla carnalità del dragone e/o della vacca, saettano per l’aere suonando la loro musica, mentre, quasi ipnotizzato da questa melodia (“all’ombra d’un bemolle”), immemore di tutto e di tutti, l’umile e generoso animale soddisfa una sua naturale esigenza.

Durante l’estate successiva a quella che gli aveva ispirato L’Ape Regina, Torquato Gazzilloro ripeterà la passeggiata in campagna. Ammaestrato dalla precedente esperienza si guarderà bene dal cercare la madre, che come al solito era uscita al mattino presto, per timore di incontrarla con qualche ufficiale dell’artiglieria a cavallo (i corpi militari si addestravano nella zona avvicendandosi negli anni). Si preoccuperà, invece, di cercare, sia pure con cautela, proprio quell’Alvara Bruzziconi che, dietro un fico, gli sembrava soffiasse “in bocca a Lodovico” e che sempre quando la vedeva (una volta o due l’anno), gli provocava il medesimo fremito al basso ventre.

La troverà dietro un pagliaio dove stava dando il granturco ai polli e, con la scusa di aiutarla, un chicco dopo l’altro, la seguirà. fino al fico suddetto. Qui si stenderanno all’ombra e cominceranno a passarsi per gioco un filo d’erba da una bocca all’altra. Il filo diverrà sempre più corto e sfuggente, finché l’Alvara farà capire al poeta che quel giorno dell’anno prima, mentre s’intratteneva con il giovane Lodovico, non stava affatto soffiandogli in bocca, come Torquato aveva pensato. E dopo un ultimo morso allo stelo gli rivelerà i segreti del sesso.

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