Il Trasciatti » Borselli http://trasciatti.it Lunario inattuale di letteratura e desueta umanità Tue, 22 May 2012 09:37:52 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 Aurora Borselli: racconti http://trasciatti.it/2012/03/05/aurora-borselli-racconti/ http://trasciatti.it/2012/03/05/aurora-borselli-racconti/#comments Mon, 05 Mar 2012 11:28:48 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=2001

Rileggetevi i raccontini di Aurora Borselli, prima o poi qualcheduno li pubblicherà ammodo: cliccate qui. Nella foto: Borselli su un muro.

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In che senso? E tre http://trasciatti.it/2012/01/17/in-che-senso-e-tre/ http://trasciatti.it/2012/01/17/in-che-senso-e-tre/#comments Tue, 17 Jan 2012 09:39:57 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1852

Rubrica leggermente sensoriale a cura di Aurora Borselli. Sei interviste ad altrettanti rappresentanti dei cinque sensi, più uno.

3. L’udito di Manolo

“…la Manolo Strimpelli Nait Orkestra, una famiglia di strimpellatori ed attori innaturali, rammendati assieme con lo spago sanguigno dell’ammorre. La tradizione musicale toscana, contaminata da ritmi balcanici, da mariachi messicani, da tarante, pizziche e rivisitazioni cantautorali, si annodano al colore e alle peripezie passionali di un’Orkestrina d’avanspettacolo che non ha eguali.”


Fanno parte della band: “Petrolio” Stefano Nannizzi tastiere e piano funebre, Eleonora Monari “la Manza” fisarmonica, Ettore Giannini percussioni e tromba da riporto, Daniele Antonetti tromba, trombone e aerofagie, Gei Gei Cardellino batteria e tromba da richiamo, Alessandro Batisti basso e Rinogaetanate, Luca Giovacchini chitarra texmex e lampredotto da passeggio.

www.strimpelli.it

Come “poeta della pancia” avresti forse preferito essere intervistato sul Gusto? 

In effetti credo che la pancia sia la cassa armonica dei sentimenti, perché è lì che si provano, nonché prima casa dell’uomo. Comunque puoi sempre invitarmi a cena…

Non so quanto ti convenga, visto il periodo potrei giusto offrirti una cena al sacco! Ma torniamo a te, ti hanno definito “il Don Chisciotte della Pescia Morta”…

Petrolio mi ha definito così (chi sa invece chi ha chiamato “Petrolio” il Nannizzi, ma questa è un’altra storia… Ndr).  La Pescia morta è una contrada di campagna dove abito da circa dieci anni, non c’è la chiesa e ha un bar ben fornito, ci sono aie e galline,  si sta bene. Qui ho sentito il richiamo ancestrale della terra, mio padre coltiva un campo tra due strade e da camionista in pensione lo vedo da lontano rivangare la terra e la vita, con camion e motorini che gli fanno da colonna sonora, in quella terra c’è suo padre e c’è sua madre, in quella terra c’è la vita che non ha.

Ci risulti pianista, chitarrista, flautista, trombonista e persino cantautore. Confermi o sono voci tendenziose? Sei forse un mitomane degli strumenti?

Non sono niente di tutto questo, ma gioco con tutti questi strumenti. La musica è un gioco, faccio le cose artigianalmente come un falegname o come un cuoco. Per me è importante che la musica sia mossa da un sentimento, la musica senza sentimento è come una donna senza femminilità.

Come nasce la Manolo Strimpelli Nait Orkestra, e che cos’è? Una boy band? Unabomber band?

…siamo unatantum band.  Nel 2003, dopo una cena a base di baccalà e vino buono, arrivati all’ammazza caffè cominciai a cantare ad occhi chiusi. Petrolio girò la sedia e trovò un pianoforte apparecchiato. Doc Luti, dottore-musicista, sdoganò il suo violino mentre Eleonora La Bella sfoderò la fisarmonica del nonno. Fu una specie di digestione in Re Maggiore. Ector si affrettò a tenere il tempo sulla grattugiera, mentre Bazar shakerava acqua e Nelsen piatti inondando la cucina di bolle d’aria. Locomotiv, che aveva un passato glorioso come bassista, uscì e rientrò con in mano uno stendino per i panni. Da quella sera iniziammo a trovarci spesso, ingrassando in media dieci chili a testa.

Dal 2003 a oggi, dallo strimpellare intorno a un tavolo a duettare con Vinicio Capossela. Vogliamo sapere tutto.

Conosco Vinicio dal ‘94, organizzai anche un suo concerto in un locale storico chiamato “Red Beans”, a Altopascio. Siamo diventati amici e ho anche vissuto alcune sue tournée da vicino. Un giorno gli feci ascoltare un brano tradizionale suonato dai Los lobos dal titolo “Prenda de alma”, glielo feci ascoltare 25 volte di fila perché per me era una canzone che gli stava a pennello: prese il CD e ne fece la sua personalissima “Pena del alma”, ringraziandomi sulla copertina di Ovunque proteggi. Il 16 dicembre la Strimpelli suonava a Venezia, in un hotel, il caso volle che Vinicio a nostra insaputa fosse nello stesso hotel. L’ho visto entrare come un’apparizione e ha suonato tutta la notte con noi, un’emozione unica, mi sembrava di palleggiare con Maradona.

Il Mediterraneo, le atmosfere circensi, il gusto rustico delle cose buone: cos’altro rappresenta la Strimpelli  Nait Orkestra?

Tutti quei luoghi baciati dall’incanto. Ci sono luoghi dove sogno di andare, tipo il Messico, ma per adesso lo immagino fantasticamente con i mariachi della Strimpelli. In più c’è la voglia di stare insieme, di suonare senza darci alcun obiettivo, siamo l’Orkestra del buonumore.

Parlaci delle raccolte: “Canzoni d’Amore in Bho? Maggiore” e “Le cronache dell’ernia”

Sono dei demo, i locali che non ci conoscono ci chiedono delle registrazioni e quindi è quasi obbligatorio averli. Canzoni in boh maggiore prende il nome da una tournée che Petrolio aveva nominato così. In realtà non abbiamo ancora registrato un CD perché non riteniamo fondamentale farlo, adoro le serate epiche da ricordare come cartoline in vecchiaia, suonare a 40 anni nei locali o nei ristoranti è un prolungamento dell’infanzia.

Quali sono i vostri obiettivi da qui al 2012, quando finirà il mondo?

Ho pensato di organizzare una festa sulla spiaggia di Vecchiano titolandola “21/12/2012, S’ha da morì’ gonfi!”, una specie di grande abbuffata collettiva dove tutti portano cibarie da condividere. L’idea è nata perché mi parrebbe tristissimo andarsene in solitudine e, soprattutto, a digiuno.

Mi pare un’idea fantastica, io ci sarò sicuramente, e oltre alle cibarie porterò da bere. Perché come direbbe Vinicio “non si muore tutte le mattine”.

Grazie Aurora e Viva l’ammmmore!

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Aurora Borselli: Punti di vista http://trasciatti.it/2011/07/29/aurora-borselli-punti-di-vista/ http://trasciatti.it/2011/07/29/aurora-borselli-punti-di-vista/#comments Fri, 29 Jul 2011 20:02:07 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=1350

Linda è una che mi regala i tovaglioli ricamati, io non so che farmene ma lei insiste che ci tiene tanto.
Linda c’è, finché ci sono io, che sono l’ultima in vita tra chi l’ha conosciuta.

Non è che Linda sia nata morta.  
E non è nemmeno nata che aveva trentasei anni, o quarantotto.
Quando è nata era appena nata, e ogni giorno ha aggiunto un giorno fino ad arrivare a ottantasette anni, ma non è che avesse smesso di averne venti.
Non è che fosse bella, o almeno, a volte era bella, a volte brutta, a volte sia bella che brutta contemporaneamente, o a qualcuno poteva piacere perché aveva le gambe lunghe, ad altri non piaceva affatto per via del collo da gallina spennata.
Per la sarta è la figlia di Ada, ogni volta che deve prenderle le misure rischia di pungerla con la spilla perché non sta ferma un secondo. Ed è quella bambina che torna a piedi da scuola, passando ogni giorno sotto la finestra di Filippo, per poi sparire dietro l’angolo, dopo il negozio di fiori. Il grembiule blu abbottonato storto nasconde appena le ginocchia nude piene di graffi.
Per la vecchia maestra Giusfredi è un’allieva che prenderà 4 al prossimo compito di matematica, quella ragazzina dovrebbe andare ad aiutare suo padre nei campi, invece di perdere del tempo sui banchi.
A volte suo fratello Luca la spia, mentre fruga nell’armadio di sua madre e indossa il vecchio cappello di paglia, fa le facce allo specchio e si abbassa il vestito sulle spalle, come se ci fosse qualcuno a fotografarla. Per Luigi Necchi, detto il Lupo, è quella ragazza con le dita oblunghe che ogni dieci giorni infila di nascosto il pane e la carne secca nella borsa, aspetta che sia buio e sale fino alla grotta, a volte porta qualche cartuccia per i fucili, resta seduta a guardarli mangiare e appena si placa l’affanno riparte guardinga.
Per Laura Severini, è l’amica con cui divide le sigarette, rubate la sera prima da un paio di pantaloni americani abbandonati per mezz’ora su una sedia.
Per il figlio di Giuseppe Lo Iacono, sono quelle belle cosce a cui pensare quando nessuno può vederlo. Per Francesca Guerritore, è quella cugina che ha baciato un ragazzo con la lingua.
Per Tommaso Vanni, è una notte sudata nel fienile. Per la ditta Giunta di Lucchesi e figli è il numero di matricola 134.
Per Jole, è quella maleducata col pancione che porta il cane a spasso e lo fa pisciare dove gli pare, mentre due bambini mocciosi le corrono davanti senza ascoltare minimamente le sue rumorose raccomandazioni.
Per Nanni dell’ortofrutta, è quella giovane donna con i capelli rossi, ma li avrà sempre avuti rossi? che compra la verdura il martedì mattina e paga alla fine del mese. Per il ragazzino seduto accanto a lei sull’autobus è una tipa vicino ai quaranta che si aggiusta il vestito prima di scendere, dimenticandosi l’ombrello appeso al corrimano. Per il dottor Riotta, è quella donna affaticata e con gli occhi spenti che ha assistito sua madre fino all’ultimo istante, per l’infermiera Ilda è quella donna magra con quel profumo buono, che aspetta nel parcheggio dell’ospedale quell’uomo con l’auto scura.
Per Giorgio, è la donna che lo fa bestemmiare e che gli porta il caffé a letto quando deve farsi perdonare qualcosa. Per Silvia è la sua nonna.
Per L’Inps è Linda Matteucci, a cui andrà la pensione di reversibilità del fu Giorgio Coluccini.
Per la signora Giovanna Bellucci, Linda è quella vecchia rincoglionita che ha dimenticato il gas acceso, rischiando di far saltare tutto il palazzo. Per Alina Nicolescu, sono lenzuola sporche di merda in cambio di settecento euro al mese più vitto e alloggio.
Per il custode del cimitero, è quella bocca con pochi denti, immortalata con un grosso gatto in braccio.

Leggi gli altri racconti di Aurora

(In alto: il direttore alla biblioteca nazionale di Praga)

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Il Messaggero delle mode http://trasciatti.it/2010/11/26/il-messaggero-delle-mode/ http://trasciatti.it/2010/11/26/il-messaggero-delle-mode/#comments Fri, 26 Nov 2010 12:07:09 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=802

Domenica 28 novembre, 0re 17, presso Tenucci Donna, via dell’Arancio 10, Lucca, presentazione del volume IL MESSAGGERO DELLE MODE. GIORNALE DELLE DAME (Trasciatti Editore) realizzato in occasione dei 150 anni di attività di Tenucci Abbigliamento. Il volume è nato grazie alla collaborazione con lo studio Meschiassociati (progetto grafico: Ilaria Ferrari, fotografie: Filippo Brancoli Pantera) e contiene, nella prima parte, la storia della famiglia Tenucci a firma di Velia Gini Bartoli; segue un testo di Aurora Borselli, derivato da uno studio di Valentina Panattoni, riguardante “Il Messaggero delle mode. Giornale delle Dame”, una delle prime riviste di moda italiane, che veniva stampata a Lucca nella prima metà dell’800 sul modello del “Petit Courier” di Parigi. Questo è il primo volume di una nuova collana, La Via della Seta, dedicata a Lucca nei suoi rapporti col mondo, con l’Oriente dei produttori di seta e con i mercati d’Europa dove la seta veniva acquistata, facendo la ricchezza di Lucca nei secoli passati. Ma non solo ricchezza materiale, perché i traffici non spostavano solo beni e denari, ma anche idee e opinioni. Fu un lucchese, per esempio, che all’inizio del 600 realizzò a Ginevra la prima traduzione integrale della Bibbia in italiano. E poco più di un secolo dopo, a Lucca si stampò la prima edizione italiana dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. Si parlerà dunque di grandi imprese editoriali, di viaggi e viaggiatori, di quella Lucca insomma che non solo si compiace delle sue belle Mura ma guarda oltre, il più possibile lontano.

Sono già il lavorazione altri due volumi: Da Lucca a Samarcanda, di Marco Rigali, diario di un recente viaggio a cavallo proprio lungo le vie della seta, percorse dai mercanti verso Oriente, un’intensa esperienza di scambio culturale e un modo per riportare l’attenzione sulla produzione e il commercio della seta, attività che nei secoli passati hanno fatto di Lucca un centro d’importanza europea; Un dono in versi alla corte austriaca, riedizione di una lunga ode del letterato lucchese Francesco Franceschi, in cui si descrivono le ville lucchesi, testo che accompagnava una mappa del territorio (con l’indicazione delle dimore signorili) recata in dono al principe Venceslao di Kaunitz.

Sono in progetto anche altri titoli che ripercorreranno un passato, anche recente, fatto di slanci e aperture inaspettate, ma li taciamo per lucchese prudenza.

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In che senso? E due http://trasciatti.it/2010/10/29/in-che-senso-e-due/ http://trasciatti.it/2010/10/29/in-che-senso-e-due/#comments Fri, 29 Oct 2010 19:50:28 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=756

Rubrica leggermente sensoriale a cura di Aurora Borselli. Sei interviste ad altrettanti rappresentanti dei cinque sensi, più uno.

1. La Vista: ce la racconta Filippo Brancoli Pantera

Filippo Brancoli Pantera, fotografo. Dopo una laurea in Beni Culturali ed un master in fotografia teatrale presso lo IED di Milano, studia all’International Center of Photography di New York, dove riceve una borsa di studio. Divide il suo lavoro tra ritratti di persone e ritratti di città. È stato inserito dall’International Photography Awards (IPA, gli “Oscar della Fotografia”) tra i migliori 25 ritrattisti del nuovo millennio. Vive, lavora ed espone tra Italia e Stati Uniti, o più semplicemente, “dove capita”.  (www.filippobrancolipantera.com).

Entrando nel tuo studio si notano subito molti ritratti. Mi vengono in mente gli occhi vuoti dei dipinti del Modigliani, la difficoltà di entrare in contatto con la persona ritratta. Per te è la stessa cosa? Ci vuole una grossa intimità per riuscire a scattare una foto a qualcuno, e per essere disposti a farsi ritrarre? Come scegli i tuoi soggetti?

“Mi piacciono i ritratti al pari di ogni altro genere, non ho una predilezione. Qui in Italia le persone sono più restie a farsi fotografare, le ragazze che vedi sono tutte americane. Fotografo persone a me molto vicine o perfetti sconosciuti. In ogni caso scelgo i miei soggetti per empatia, se mi trasmettono qualcosa di speciale, se condivido con loro delle cose. Se sono sconosciuti devono colpirmi all’istante, avere un’immagine che trasmette qualcosa. È assai più difficile invece, e infatti non lo faccio quasi mai, ritrarre persone che conosco poco, perché non c’è la giusta confidenza, ma nemmeno, per contro, la necessaria distanza.”

Come avvicini gli sconosciuti? Come reagiscono al tuo interesse? C’è qualcuno che ti tira i capelli e ti strappa la macchina dalle mani?

“Nel 99% dei casi lo chiedo, diciamo al 100% se voglio davvero fare un ritratto. Non lo chiedo se è una foto di più ampio respiro, in cui le persone ricoprono un ruolo che non sia centrale, allora assumono un’importanza pari al mondo in cui sono inserite, ma se voglio fare un ritratto devo chiederlo, proprio perchè ho bisogno della loro partecipazione nel farsi ritrarre. A questo punto parte il gioco di mediazione tra l’immagine che io voglio mostrare di loro e quella che loro vogliono mostrare al mondo. Pensa a Richard Avedon, e a tutte le cose che escogitava per ottenere l’immagine che voleva. Alla fine, non c’è un’immagine giusta o reale di una persona fotografata, ma ce ne sarà sempre una che si avvicina più delle altre a quella che avevamo in mente.”

Dietro ogni foto c’è sempre un progetto, uno studio? Quando prendi in mano la macchina fotografica sai già che cosa verrà fuori da ogni scatto?

“C’è sempre un progetto, il caso gioca un ruolo secondario. Quando si parla di “caso”, di “fortuna”, bisogna sempre tenere conto che il fotografo deve comunque possedere la capacità di prevedere cosa accadrà di lì a poco, l’intuito, e quello che può sembrare casuale in realtà è il frutto di una serie di circostanze che vanno previste prima. La bravura del fotografo consiste proprio nel saper creare l’occasione giusta per scattare, e soprattutto nel saper gestire psicologicamente le persone da ritrarre per liberarle dalle sovrastrutture e rappresentarle nel modo più diretto possibile.”

Ma allora la mia visione romantica del fotografo che si trova al momento giusto nel posto giusto, e che con solo uno scatto realizza la foto della vita?

“Appunto, è una visione romantica, ma di vero c’è poco o niente. In genere gli scatti sono assai di più, ora poi con le macchine digitali è molto più semplice scegliere lo scatto giusto, ma era così anche prima, moltissimi provini non venivano mai stampati e si sceglieva lo scatto migliore, che era quello che poi veniva spacciato per casuale.”

Che ne pensi dei “fotografi di guerra”? Spesso si dibatte sulla natura di certe foto, sono documenti o sono opere d’arte? E perché si cerca un valore estetico anche in immagini tragiche, non dovrebbero avere un valore avulso dalle valutazioni tecniche?

“Sono comunicazione, linguaggio. Di documento c’è poco, perché è comunque la visione del fotografo: quello che mi infastidisce è che nella maggior parte dei casi si buttano là come verità assoluta, invece secondo me hanno un valore nel momento in cui si stabilisce che sono solo punti di vista. È ovvio che vengono valutate anche dal punto di vista tecnico e estetico, perché il fotografo nel momento in cui le scatta ha un progetto che va oltre la testimonianza, vuole comunque creare un’opera in cui riconoscersi.”

Nel 2006 ero a Roma per la Notte Bianca, e ho assistito a una scena incredibile, ancora mi pento di non aver avuto con me la macchina fotografica: un uomo obeso, completamente nudo e ricoperto di fuliggine e sporco, nel culmine dello sforzo prima di defecare, posizionato proprio davanti alle ambasciate. Quell’immagine mi ha perseguitato per giorni, perché era contemporaneamente tragica e comica, dissacrante e aulica! C’è una foto che avresti voluto scattare, un momento che avresti voluto immortalare e non l’hai fatto?

“No, non c’è. Né mia né di altri, se aspirassi a fare foto realizzate da altri sarebbe paradossale, perché le mie sarebbero completamente diverse, sarebbero altre foto.”

Ma ci sarà qualcuno che ammiri più degli altri?

“Il mio fotografo preferito è Italo Calvino.”

Questa poi. Intendi per la sua capacità descrittiva, la sua capacità di raccontare per immagini non visive?

“Sì, Calvino riesce nei suoi racconti a fissare delle immagini complete, non mancano di niente e sono molto esplicite, racchiudono un mondo finito e arrivano dirette al punto.”

Allora nel ringraziarti chiuderei con una sua citazione…

“Chi ha l’occhio, trova quel che cerca anche a occhi chiusi”

Italo Calvino, Marcovaldo

(In alto: A trip, di Filippo Brancoli Pantera)

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In che senso? http://trasciatti.it/2010/09/28/in-che-senso/ http://trasciatti.it/2010/09/28/in-che-senso/#comments Tue, 28 Sep 2010 19:59:29 +0000 Trasciatti http://trasciatti.it/?p=548

Rubrica leggermente sensoriale a cura di Aurora Borselli. Sei interviste ad altrettanti rappresentanti dei cinque sensi, più uno.

1. Il Gusto: ce lo racconta Leonardo Romanelli

Leonardo Romanelli, insegnante alla scuola alberghiera “Bernardo Buontalenti” di Firenze, giornalista, autore e conduttore televisivo, protagonista della fortunata trasmissione “Chef per un giorno”, in onda su La7, anche attore di teatro, con le sue pièces dedicate al mondo della critica gastronomica, dei sommelier e della pasticceria . Dichiara di amare le frattaglie e ha “la convinzione che l’anima, lì, si tocca da vicino…” (www.quintoquarto.simplicissimus.it).

 

Quando ha scoperto di amare il cibo al punto di farne una professione? Ma poi, è lei che ha scelto di dedicarsi al Gusto, o è il Gusto che l’ha sopraffatta?

“Fin da piccolo mangiare mi è piaciuto tanto, sono stato  anche terribilmente grasso, tanto che ho dovuto iniziare a fare sport  e seguire un regime alimentare appropriato a 12 anni, altrimenti… però ho scelto la scuola alberghiera: la mia professione doveva essere quella del cuoco, poi il sommelier e infineho deciso di fare il critico per dedicarmi a uno dei piaceri della vita, se non il principale (effettivamente, c’è altro…) uno dei più intriganti.”

 In famiglia e con gli amici, chi cucina? Non temono i suoi giudizi?

“Gli amici che mi conoscono da tempo cucinano per me senza problemi, altri mi confessano di non volermi a cena proprio per i miei giudizi, ma in realtà sono una persona veramente rilassata a tavola.  Un aneddoto curioso fu quando, molti anni fa, quando una coppia non partecipò a una festa di compleanno, dove eravamo in molti, perché, spiegarono alla padrona di casa, domani sera abbiamo ospiti e dobbiamo preparare da mangiare: Mentre ridevamo della cosa, mi ricordai che ero io l’ospite… In casa, quando ci sono, cucino sempre.”

 Le è mai capitato di dover fingere di apprezzare un  piatto che in realtà avrebbe voluto rispedire in cucina?

“Solo quando, ospite in case private,  ho voluto evitare di mettere in imbarazzo chi mi aveva ospitato. Al ristorante, se capita, lascio e poi cerco di capire se in cucina si chiedono il motivo…”

L’ultima volta che ha detto “No, non ce la faccio, questo boccone non mi va giù”.

“Risale ai tempi della scuola elementare, quando non sopportavo lo spezzatino o le uova sode… ma erano cucinate davvero male!”

Il momento della giornata che amo di più è l’orario dell’aperitivo, quando posso finalmente abbuffarmi con crostini, bruschette e olive ascolane, aiutandomi a buttare giù il tutto con un prosecco quasi ghiacciato. Lei, invece, quale momento della giornata preferisce?

“Dipende dai periodi: quando sono a dieta come ora, la colazione, quando mi concedo un cappuccino. Altrimenti la cena, a tavola senza dover pensare ad altro durante il giorno. L’aperitivo solo se di quelli veri, se non prevede abbuffate di cose inutili da mangiare.”

Una curiosità: ci ha appena confessato che in questo momento sta seguendo una dieta… per noi è quasi un paradosso, l’idea è quella di un tenore muto, ma in effetti pensandoci bene non è strano che proprio a causa del suo lavoro debba sottostare più volte l’anno a regimi alimentari controllati. Ci dice qualcosa di più? 

“Tutto nasce dall’osservazione dei miei colleghi, che spesso hanno taglie che non vorrei mai raggiungere! Ecco che ho pensato bene, allora, di controllarmi in maniera più rigida almeno un mese l’anno, dimostrando a me stesso di poter stare per un po’ senza bere alcolici, usare grassi, ecc., e poi quando torno a mangiare c’è una sorta di affinamento del gusto: se poi così riesco a dimagrire tanto meglio!” 

L’ultima volta che si è piacevolmente stupito a tavola.

“Per una pizza favolosa mangiata a San Donato in Poggio, vicino a Firenze.  È un mese che non mangio quindi tra poco ricomincerò a stupirmi, spero!”

Ci dica cosa contiene il suo frigo, senza aprirlo. Probabilmente poco, visto che abbiamo detto che è a dieta! Allora ci dica: in condizioni normali, cosa non manca nel suo frigo?

 “Non mancano mai ingredienti di base: parmigiano, prosciutto crudo, basilico, prezzemolo, spumante, birra per bere, le verdure dipendono dalla stagione…”

Ricettina improvvisata: si trova, suo malgrado, a dover cucinare un piatto veloce avendo a disposizione soltanto due melanzane, un pomodoro, un uovo, dello yogurt magro (sale, olio e spezie varie non mancano). Volendo c’è anche del pan grattato, ma facciamo in fretta perché sta per scadere. Che ci prepara?

“Melanzane fritte ,dopo averle tagliate a fette, passate nell’uovo e nel pangrattato. Pomodoro tagliato a cubetti, messo nello yogurt con origano, basilico, sale, pepe, servire le melanzane con la salsa a parte.”

Ultima domanda, poi la liberiamo: meglio un uovo sodo oggi, o un brodino di gallina domani? Noi votiamo per l’uovo oggi, ma solo se ci possiamo mettere sopra la maionese. Altrimenti, desistiamo. Lei?

“Mai accontentarsi, preferisco digiunare un giorno e mangiare benissimo l’altro!”

Intervista realizzata in Agosto 2010.

Ancora grazie a Leonardo Romanelli per la sua simpatia e disponibilità.

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